Per commentare i massacri che stanno insanguinando le strade egiziane, abbiamo incontrato nel suo studio dentistico di Garden City lo scrittore egiziano Alaa Al Aswany. Un uomo di sinistra, che ha partecipato all’occupazione di piazza Tahrir nei giorni delle rivolte del 2011, ha poi duramente protestato contro la giunta militare e si trova però ora in prima linea contro i Fratelli musulmani. Aswany è autore di classici come Palazzo Yacoubian e Chicago, mentre è in uscita in Italia il prossimo anno The cars club: romanzo sull’Egitto durante la colonizzazione inglese.

Come valuta lo sgombero in corso?

I Fratelli musulmani dispongono ampiamente di armi. Ho notizie di spari contro la polizia. Ovviamente mi dispiace per i morti, ma le manifestazioni della Fratellanza non sono pacifiche: si tratta di terroristi che hanno torturato e rapito persone, come emerge da un documento di Amnesty. La polizia è sostenuta da gruppi di civili per proteggere la gente. Ora gli islamisti attaccano i cristiani, hanno dato fuoco a due chiese. Egiziani, esercito e polizia sono contro i terroristi.

Parla da intellettuale, che deve avere una visione più progressista della società in cui vive?

Gli intellettuali devono essere più progressisti della società per definizione. I Fratelli musulmani hanno avuto l’opportunità di dimostrare di aver abbandonato la violenza, ma la stanno usando per ragioni tattiche. La differenza tra Fratellanza e al Qaeda è nel grado, non nella natura. I Fratelli rispetto al movimento terroristico internazionale hanno un doppio volto: una componente tattico-politica e il terrorismo in tasca. La gente li ha votati perché pensava che avessero il diritto di avere una possibilità. Ma alla manifestazione del 30 giugno scorso molti hanno dimostrato di essersi pentiti del voto espresso.

Tra i tentativi di cambiamento, come valuta i siluramenti al ministero della Cultura?

Sono andato a sostenere i miei colleghi nelle manifestazioni di maggio davanti al ministero. Posso dire con sicurezza che i Fratelli non hanno rimosso il direttore dell’Opera House per ripulire il ministero dalla corruzione ma per imporre il loro concetto di cultura: un’idea fascista, contraria all’arte. Dal 1928 a oggi i Fratelli musulmani si sono dimostrati incapaci di presentare un singolo poeta o scrittore.

Fino a che punto è in atto in Egitto un cambiamento dei costumi delle donne di classe media?

La Rivoluzione è un cambiamento umano, in cui le persone diventano esseri diversi. Chi manifesta ora in strada contro il terrorismo è diverso da chi era per strada all’epoca di Mubarak. In Egitto c’è sempre stata un’interpretazione progressista dell’Islam, veicolata da intellettuali religiosi come Mohammed Abdu. Per il wahabismo invece la donna è uno strumento di piacere: serve alla procreazione o è una tentazione. L’Egitto è influenzato negativamente dalla visione wahabita, diffusa prima della rivoluzione, che disumanizza il corpo della donna per il piacere dell’uomo. Per cui, se posso toccarla e poi scappare via, colgo l’occasione e lo faccio. Durante la rivoluzione, la metà dei manifestanti che dormivano in piazza Tahrir era composto da donne e non ci sono state molestie. Per fermare la partecipazione delle donne nelle manifestazioni invece la polizia prima e gli islamisti poi hanno organizzato una forma di repressione, usando criminali sin dal 2005, ma questi episodi non hanno una matrice sessuale ma di censura politica premeditata.

Lei ha criticato la partecipazione degli analfabeti al voto?

Non ho detto che gli analfabeti non avrebbero dovuto votare, ma che prima di farlo venisse spiegata loro la Costituzione. I Fratelli musulmani usano la miseria della popolazione. Aiutano la gente non per carità ma per fare politica. Hanno comprato centinaia di migliaia di voti, spendendo milioni per carne e cibo, perché non promuovono mai un progetto contro l’analfabetismo? Rubano il voto dei poveri.

Crede che il movimento Tamarrod sia connivente con il vecchio regime?

Io sono un feloul (“retaggio del vecchio regime”, scherza Aswany, nda). Conosco i leader del movimento: Abdel Aziz, ha partecipato per 5 anni ai miei seminari; Mahmoud Badr ha votato per Morsi. Avevo predetto: «Questa campagna cambierà l’Egitto». Tutti, dal mio autista ai poveri in strada, hanno fatto una copia e firmato. I giovani leader hanno chiesto alle Nazioni Unite di controllare i documenti. L’esercito ha capito che i Fratelli sono dei terroristi e avrebbero ucciso persone per strada. E così la rivoluzione è stata sostenuta dall’esercito. Non c’è democrazia senza diritto di ritirare la fiducia a un presidente eletto. Morsi con il decreto presidenziale ha tentato di mettere le sue decisioni al di sopra della legge. Lo stesso è avvenuto in Perù con Alberto Fujimori. Ma in quel caso gli Stati uniti hanno parlato di colpo presidenziale contro la democrazia.