In un colpo solo ha fatto saltare i nervi al Pd e messo in fibrillazione i suoi, i ’ragazzi di sinistra’ di Leu Liberi e uguali, ma politicamente ancora un po’ diversi. E in queste ore impegnati nella delicatissima ricerca di un equilibrio nelle liste. Ieri al Corriere della sera Massimo D’Alema ha svolto un ragionamento non inedito per lui: dopo il voto «occorrerà lo sforzo di garantire una ragionevole governabilità, mentre il parlamento avrà un compito costituente, a cominciare da una nuova legge elettorale». Un governo del presidente, insomma, è molto probabile causa legge elettorale fatta apposta per non consegnare maggioranze. Sempre meglio che le larghe intese fra Pd e Fi, «idea disastrosa e velleitaria». Quindi, rivolto al Pd, «Non facciamoci del male, creiamo le condizioni per un dialogo futuro. Dopo il 4 marzo viene il 5 marzo. Il Pd dovrebbe semmai dedicare la sua campagna a contrastare la destra».

DAL PD PARTE L’ARTIGLIERIA pesante. «Chissà se Grasso è d’accordo», ironizza Matteo Orfini. E poi D’Alema dice che la destra è pericolosa mentre «lavora per far vincere la Lega in Lombardia». L’ex premier preferisce «la vittoria della destra all’unità della sinistra. E la tua storia ci insegna che questo è il tuo classico modus operandi», scrive su facebook Roberto Giachetti, aggiungendo un ironico «abbraccio sincero a Pietro Grasso che di Leu immaginava di essere il capo e invece ci ha messo solo il nome».

E infatti è Leu a entrare in un vero stato di agitazione. Da due settimane la commissione elettorale è chiusa nella sede di Mdp a via Zanardelli nella mission impossible di far quadrare un cerchio. Ci sono più di ottanta parlamentari uscenti, si calcola il rientro della metà ed è già un’ipotesi ottimistica. Le delegazioni dei territori che hanno fatto la scissione dal Pd arrivano a Roma e chiedono rappresentanza. C’è pure il caso Bassolino: Si non lo vuole in lista, i corteggiati di area De Magistris si dichiarano alternativi, un’ala di Mdp – ma non tutti – ha accolto con entusiasmo la sua disponibilità a tornare in parlamento.

LE PAROLE DI D’ALEMA non piacciono affatto a Pippo Civati: «Non mi sembra di avere avuto occasione di discutere in Leu la proposta avanzata da D’Alema», «Preoccupiamoci del 4 marzo e di prendere voti, prima che di discutere del 5 marzo: quello che succede dopo andrà discusso nel partito». Ma è Sinistra italiana a chiedere a Grasso un intervento di correzione. Che Grasso fa. Perché D’Alema si schermisce, si definisce «estremamente laterale», solo «un candidato del Basso Salento». Ma il presidente è impegnato a dimostrare di essere davvero il «capo» della forza politica. «Non c’è nulla di nuovo, abbiamo sempre detto che questa legge elettorale non dà governabilità, se i risultati sono quelli previsti dai sondaggi», dice, «Noi certamente siamo una forza politica responsabile», ma «siamo disponibili solo per nuova legge elettorale». Anche la presidente Laura Boldrini fa da paciera: «Dobbiamo motivare gli elettori ad andare a votare: non è scontata l’ingovernabilità. È un’ipotesi, non è l’unica. Andare a votare servirà».

Ma non basta a placare i malumori. In Si molti si cuciono la bocca. Non tutti. Paolo Cento attacca: «Il governo del presidente è una locuzione vecchia, D’Alema immagina una bicamerale allargata». E l’ex viceministro Fassina, da sempre lontano dall’ex premier (che le tentò tutte prima di rassegnarsi alla sua corsa al Campidoglio, per dirne una): «L’ultimo governo del presidente che gli italiani hanno avuto è quello di Monti e mi pare che il ricordo che hanno, in particolare quella fascia di popolo che vorremmo recuperare, non sia positivo», dice a Radio popolare, «La posizione che avrà il partito dopo il 4 marzo la deciderà Leu».

IL PUNTO È CHE IL «PARTITO» partito ancora non è. E se anche Mdp si chiude in un silenzio imbarazzato – l’ipotesi di D’Alema circola da sempre a via Zanardelli ma vige il divieto di parlarne in piena campagna elettorale, e per di più a liste ancora non chiuse – uno dei fondatori, il presidente Enrico Rossi, la pensa quasi come D’Alema: «Oggi al Pd siamo alternativi, ma l’invito a non farci del male è importante: una sinistra può stare solo nel centrosinistra, dobbiamo sconfiggere Renzi per riaprire una dialettica in quel partito». Quanto al governo del presidente: «Non ho la palla di vetro e non mi avventuro in ipotesi sul futuro. Ma se dopo il voto si dovesse fare una nuova legge elettorale per tornare al voto, e una finanziaria per combattere lo spread che si rialza, dovremo discuterne