La prima regola di una Esposizione Universale? Progettarla pensando a quando sarà finita. Per l’Expo di Milano non è stato fatto nulla di tutto ciò. Nata su una speculazione pagata con soldi pubblici, rischia di chiudersi allo stesso modo. Con quale progetto? Ancora non si sa. Quello più accreditato è la costruzione di un nuovo campus universitario associato a un polo dell’innovazione e a spazi multifunzione. I soci di Arexpo (Comune di Milano, Regione Lombardia, Comune di Rho e Fondazione Fiera) a marzo hanno trovato una intesa sul fare un bando pubblico per individuare il soggetto che dovrà scrivere il progetto del post Expo insieme ad Arexpo. Un passaggio ingarbugliato ma obbligato, dopo che il presidente anticorruzione Raffaele Cantone aveva bocciato la decisione di affidare direttamente questo compito a Politecnico e Università degli Studi di Milano. «Serve un bando pubblico», è l’ammonimento, ennesimo, di Cantone. Anche perché nel frattempo l’Università di Milano era diventata uno dei giocatori interessati al post Expo: è stato il rettore della Statale Luca Vago a lanciare pubblicamente l’idea della cittadella dell’innovazione con il campus e il trasferimento sull’area Expo di una parte di Città Studi, quella scientifica e tecnologica.

L’ok politico di Regione e Comune di Milano ci sarebbe, con la giunta di Maroni che si è spinta persino oltre, proponendo a Fondazione Fiera di liquidare la sua quota in Arexpo: sarebbe la chiusura del cerchio magico di Expo per Fiera, che dai conti in rosso del 2006 passerebbe all’incasso con il valore dei terreni moltiplicato grazie all’Esposizione. La proposta del campus e del polo dell’innovazione piace anche ad Assolombarda, che però pare poco intenzionata a metterci soldi propri. Secondo il progetto di Vago il nuovo campus universitario occuperebbe circa 250 mila del milione di metri quadri del sito Expo, per un investimento di quasi 400 milioni di euro. Ad Assolombarda andrebbero 100 mila metri quadri.
Metà dell’area, come deciso dai consigli comunali di Milano e Rho nel 2011, dovrebbe tornare verde, anche se non necessariamente sotto forma di parco, come chiesto da un referendum votato dai milanesi, ma verde urbano e di connessione tra spazi. E’ possibile invece che vengano costruite nuove strutture residenziali per il campus. Il bando per individuare il soggetto che affiancherà

Arexpo nella scrittura del progetto resterà aperto fino al 5 maggio.

Difficile però che progetto e lavori partano nei mesi seguenti ad Expo, più probabile un uso temporaneo dei padiglioni di almeno sei mesi, ipotesi caldeggiata dalla Triennale di Milano. Dei padiglioni di Expo, se non arriveranno deroghe dal Bie, resteranno in piedi solo Palazzo Italia e Cascina Triulza.

Su tutto una incognita grande come quel milione di metri quadri: chi pagherà questa operazione?

Un indiziato c’è: a novembre 2014 il bando per trovare un compratore privato dell’area è andato deserto. E quando non ci credono o non vogliono rischiare i privati, a pagare è il pubblico, in questo caso tramite Cassa Depositi e Prestiti. Il destino del post Expo di Milano, passa da Roma.