Come se non ci fosse un domani è titolo disarmante per un album, ma Omar Pedrini ha una ragione vera per intitolarlo così. Tre anni fa ha infatti subito una seconda operazione a cuore aperto che lo ha strappato – è lui stesso a confermarlo – alla morte. Questo disco segna il suo ritorno a una vita vera: «Non ne potevo più di ospedali. Sono stati otto anni difficili, con molti travagli anche di carattere personale. Ma questo lavoro è nato proprio in ospedale, anzi è partito con la canzone Freak Antoni perché ho iniziato a pensarla mentre l’ambulanza mi portava sull’autostrada del Brennero a Bologna dove mi sono operato. Una città che per me significava divertimento, le avventure passate con i Timoria, le ragazze. E non potevo non dedicarla a un personaggio come il leader degli Skiantos».

Come se non ci fosse un domani è un disco onesto, diretto. Non ci sono innovazioni – non erano certamente queste le intenzioni di Omar, ma tanto rock di ispirazione anglosassone. Il brano che intitola la raccolta ha qualche reminiscenza epica dei Muse, ma la sorpresa è la presenza di Ian Anderson in Angelo ribelle, costruito non a caso in chiave prog glam: «L’incontro con lui è stato grazie al suo fonico a cui ho affidato il materiale. Una settimana dopo Ian mi ha risposto e non solo aveva fatto l’assolo che avevo richiesto, ma anche voluto aggiungere una parte nel finale».

Tra le dieci tracce del disco (undici nella versione in vinile) altre due collaborazioni importanti. La prima è con Noel Gallagher che ha scritto Simple game of a genius, incisa ‘in sordina’ come lato b di un singolo pubblicato solo in Giappone, un testo adattato in italiano poi da Omar con il titolo Un gioco semplice: «Una collaborazione che in realtà parte dal 2013 quando ho registrato a Londra il disco precedente. Noel compone in continuazione, per il suo progetto solista aveva pronte 50 canzoni per sceglierne alla fine 12 o 13. Quando mi ha dato l’autorizzazione a utilizzare questo pezzo – lui non lo fa spesso – sono stato felicissimo».

L’altra collaborazione illustre è su  Desperation Horse, un pezzo nato da un testo inedito di Lawrence Ferlinghetti: «Mi arriva una chiamata da San Francesco da parte di Giada Diano, biografa e traduttrice nonché amica di Ferlinghetti. Mi dice che Lawrence ha scritto un testo per una canzone e vuole farmelo sentire. Mi sono messo al lavoro e ho tirato fuori questa musica un po’ alla spaghetti western, che a Lawrence è piaciuta moltissimo. Le liriche però ho voluto, per rispetto, lasciarle in inglese».

Un album che Omar definisce: «Composto più con la pancia che con la testa, sentendomi ancora vicino alla morte ho voluto scrivere un disco che avrei voluto raccontare ai miei figli (Pablo di 20 anni e la piccola Emmadaria di 4, ndr). Pablo ha 20 anni e studia e mi dice, io mi laureo se vuoi, ma guarda che sarò disoccupato come tutti i miei amici. Sì, c’è un pessimismo di fondo, vero, nei giovani: sembrano tutti disincantati. Poi succede che l’8 marzo mi trovo a Milano e vedo un infinito corteo fatto di ragazze perlopiù tra i 14 e 18 anni a manifestare contro la violenza sulle donne e per i diritti. E allora mi sono detto: esistono dei ragazzi che si ribellano e sanno ancora indignarsi».

Dopo la promozione, qualche data estiva visto che il tour vero e proprio inizierà a settembre, e a luglio appuntamento in libreria con una biografia: «Uscirà per Cinasky, un editore anarchico, ma non l’ho scritta io perché temo che sarei stato troppo clemente verso me stesso. Si intitolerà Cane sciolto».