Ogni anno circa quarantamila elefanti vengono uccisi dai bracconieri per prelevare l’avorio delle zanne. Il 70% dell’avorio viene spedito fuori dall’Africa via container, soprattutto verso i porti di Singapore, Malesia e Cina. Per uccidere gli elefanti, i bracconieri dispongono di elicotteri e armi da guerra e attraversano confini poco controllati come quello a nord della Repubblica Democratica del Congo. I sequestri di avorio illegale danno le principali informazioni sulle dimensioni del fenomeno. I container intercettati possono contenere anche sei tonnellate di avorio.

A FRONTE DI UN GIRO d’affari così vasto, i bracconieri la fanno franca o se la cavano con condanne lievi, perché è difficile ricostruire le filiere internazionali del traffico di avorio. Un team di ricercatori è riuscito però a smascherare le mafie dell’avorio usando la genetica. Il team è guidato da Samuel K. Wasser dell’Università dello stato di Washington a Seattle (Stati Uniti) ed è stato appena pubblicato sulla rivista Science Advances.
Come in una puntata del tenente Colombo, gli scienziati sono partiti da un dettaglio apparentemente insignificante osservato nei sequestri avvenuti tra il 2006 e il 2015: il più delle volte, le due zanne di un elefante viaggiano su carichi diversi.

DATO CHE LE ZANNE dello stesso pachiderma riportano il medesimo Dna, l’analisi genetica ha permesso ai ricercatori di ricostruire l’origine comune dell’avorio confiscato magari a mesi di distanza in luoghi diversi del globo. Se in due requisizioni vengono ritrovate zanne appartenenti allo stesso elefante, è ragionevole supporre che quella «merce» sia gestita dalla medesima organizzazione criminale. Siccome in un sequestro vengono ritrovate centinaia di zanne, il team ha ricostruito la fitta rete che collega i carichi illegali apparentemente indipendenti.
Usando la genetica, i ricercatori hanno scoperto che gran parte del traffico d’avorio mondiale è gestito da soli tre «cartelli» di trafficanti internazionali, di cui finora non si conoscevano le esatte dimensioni. La tecnica messa a punto dai ricercatori potrebbe dunque aiutare a individuare i collegamenti tra i singoli trafficanti arrestati e salvare una specie a rischio.
L’ultimo censimento del Great Elephant Census ha rivelato che nelle savane africane sono rimasti solo 350mila elefanti, e ogni anno in media scompare l’8% di questa popolazione.