Distanziati. Con le mascherine. Molte e molti con i guanti. Brescia è tornata in piazza. Una manifestazione anti fascista, come fu 46 anni fa, per non dimenticare la strage fascista e di Stato del 1974.

L’intera giornata in Piazza della Loggia e la manifestazione sono “strane”, segnate dal rispetto delle norme di distanziamento fisico per garantire la cura collettiva. Non più di 100 persone contemporaneamente, in una piazza che può contenere anche 10mila persone, dicevano le prescrizioni, irrigidite a causa delle tensioni sugli assembramenti durante gli aperitivi. Dalle 9 di mattina, così, sono solo delegazioni di sindacati, partiti, associazioni e realtà sociali ad entrare in piazza. Le delegazioni comunali e dell’Associazione familiari dei caduti di Piazza Loggia si sono posizionate davanti alla stele, posta in ricordo delle vittime, alle 10.12, un minuto di silenzio, rotto da otto rintocchi di campana per ricordare le otto vittime, e poi un lungo applauso hanno segnato il centro della mattinata. Oltre alle delegazioni, e sempre facendo rispettare le distanze fisiche, è stato permesso anche a singoli cittadini di partecipare alla manifestazione. Il via vai è stato continuo fino a sera, con il lavoro del servizio d’ordine della Cgil a regolare accessi e deflussi.

Nel tardo pomeriggio una quindicina di realtà sociali, dal Csa Magazzino 47 ai Cobas, passando per la sezione Anpi Caduti di Piazza Rovetta fino a Rifondazione Comunista, hanno animato, nuovamente la piazza, che mai si è svuotata. Michele Borra del Magazzino 47 dice «per noi il 28 maggio è una giornata di lotta oltre che di memoria. Lo facciamo, come sempre, portando anche temi di attualità e di critica al presente. Oggi più che mai». Il Magazzino è tra gli animatori della Brigata di Solidarietà Franca Tanfoglio che Borra spiega essere nata «perché questo è sì il momento di mantenere il distanziamento fisico, ma è, e sarà, sempre più anche il tempo in cui praticare la solidarietà sociale».

Francesco Bertoli, segretario della Camera del Lavoro di Brescia, raccontando delle difficoltà nell’organizzare e gestire l’iniziativa cercando di coniugare la voglia di manifestare con il rispetto delle norme di tutela della salute, sostiene che «le chiusure che ci sono state non possono diventare scusa per la chiusura degli aspetti democratici e del ricordo. Non dico che sia questo che sta girando nel paese, però c’è sempre qualcuno che pensa che così si possa scardinare ciò che abbiamo conquistato negli anni. Noi non ci fermiamo e continuiamo a ricordare le persone morte in piazza e perché sono morte». Aggiunge che oggi «le fabbriche hanno ripreso a lavorare a pieno regime, abbiamo garantito il più possibile situazioni di sicurezza per lavoratori e lavoratrici, ma questo però non è dato e bisogna difenderlo giorno per giorno. Non bisogna abbassare la guardia, anche perché i numeri, di nuovi ammalati, degli ultimi giorni non è certo positivo».

Non è ancora facile capire la portata effettiva della pandemia sul territorio. Un primo dossier relativo alle indagini della procura sulle Rsa parla di 1.600 i morti tra febbraio e marzo, oltre 600 in più rispetto allo stesso periodo nel 2019. Mancano, però, i numeri delle 14 Rsa della Valcamonica. Donatella Albini, delegata alla salute del Comune, ricorda che «non c’è rapporto diretto tra medici competenti e Ats o Asst per la programmazione diretta dei test virologici. Nessuna traccia di una valutazione epidemiologica su ciò che è accaduto e quindi che può accadere».

Secondo Roberto Cammarata, presidente del consiglio comunale «la divergenza tra i numeri ufficiali e reali, dei contagiati e dei deceduti, a causa del virus continua ad essere una delle macroscopiche falle del sistema di controllo dell’epidemia. Basti pensare che i dati ufficiali oggi danno una presenza di 2.500 “attualmente positivi” mentre le stime degli esperti ci dicono che realisticamente i contagiati, compresi gli asintomatici, vanno da un minimo di 13.000 a un massimo di 25.000. Sui numeri delle vittime preferisco non esprimermi, ma basta osservare le statistiche dei decessi degli ultimi anni per capire che quelle reali sono molte di più di quelle certificate dalle stime ufficiali». Cammarata aggiunge «è la prima occasione in cui la città torna a utilizzare lo spazio pubblico in modo partecipato. Ci sono cose che non si possono interrompere, che nemmeno una pandemia può interrompere. Brescia riparte da qui, da Piazza della Loggia, dalla sua identità di città che ha dimostrato di saper resistere e rinascere».