Diverse associazioni e i principali partiti di sinistra invitano a partecipare, oggi a Parigi, ad una manifestazione indetta dalla CGT, federazione dello spettacolo, contro le misure del governo del Presidente Emmanuel Macron. Giovedì scorso il presidente del consiglio Jean Castex si è si espresso per fare il punto sulle misure sanitarie. Al comparto del mondo dello spettacolo, dei musei, della cultura in generale era stato promesso un calendario per una ripresa a breve termine a partire dal 15 dicembre. L’allocuzione è arrivata quindi come una doccia fredda o meglio come uno schiaffo in faccia: i teatri, i cinema, i musei resteranno chiusi.

LA SRF (Société des réalisateurs de films) ha reagito con una lettera aperta dal titolo godardiano «Il disprezzo» e che finisce con queste parole: «Se ci si condanna a morte, vogliamo conoscere il capo d’accusa. Vogliamo poterci difendere davanti ad altra cosa rispetto al vuoto e all’assurdità che ci viene inflitta».
La copresidente della SRF, la regista Lucie Borleteau, intervistata questo lunedi 14 dal sito di informazione Mediapart ha dichiarato: «Lo abbiamo redatto in questa maniera per mettere il governo davanti alle proprie responsabilità», ed infatti la lettera è scandita da semplici domande – che probabilmente non otterranno risposta: «Su quali criteri vi basate per rendere più fragile, se non addirittura per danneggiare a lungo termine tutta un’economia, un intero comparto professionale? Su quali criteri vi basate per decidere che le nostre sale cinematografiche e teatrali sono più pericolose delle chiese? Su quali criteri vi basate per ritenere accettabile visitare una galleria d’arte (privata, ndr) – e stabilire che invece un centro artistico o un museo sono pericolosi?».

IL PROBLEMA è in primo luogo morale: nessuno in questa Francia in cui ogni giorno si parla di laicità capisce come mai le chiese sono aperte mentre i cinema vengono chiusi. Ma anche economico. È vero che il governo ha assicurato ancora una volta che il settore della cultura verrà aiutato. Ma quello che i lavoratori del settore fanno notare è che, al di là degli annunci e anche delle misure prese (al contagocce e in ritardo), il governo mostra di non capire il funzionamento del campo dello spettacolo. Quest’ignoranza ha un costo che si somma a quello della crisi. Come ha fatto presente il presidente del gruppo MK2, Nathanaël Karmitz, il governo è parte del problema: «Quando si lascia intravedere una data di riapertura, si mettono in moto dei meccanismi che vanno dagli autori, ai produttori, ai distributori, agli esercenti, alla stampa… Se poi ad una settimana dalla data prevista si annulla tutto, vanno persi gli investimenti e il lavoro di un mese, e per molti è il colpo di grazia».

È UNA STRANA nemesi per questo settore che, al di là della sua importanza economica (notevole) per anni ha vissuto nell’idea di essere uno dei modi, se non il principale, attraverso il quale la Francia moderna si autodefinisce. E che oggi si risveglia in un paese in cui per la cultura manca l’attenzione che viene rivolta ai problemi dei centri commerciali, delle chiese e degli impianti sciistici. D’altra parte, la SRF e le altre associazioni di settore non sono isolate in questo «j’accuse» al governo. I principali partiti di sinistra, il PCF e la FI, invitano alla manifestazione, in un contesto in cui per altro manifestare è sempre meno un diritto e un atto in sé di disobbedienza civile.