Non segue le regole del branco, Loredana Bertè ha sempre fatto storia a sé nel panorama del pop e del rock italiano. Anticipatrice di mode e sperimentatrice – il reggae che si scioglie in puro pop per E la luna bussò, il funky contagioso di In alto mare, la sfortunata ma di gran spessore vacanza brasileira di Carioca – a costo di restare tagliata fuori dal giro che conta. Ora che ci è rientrata e dalla porta d’ingresso, con tanto di album celebrativo per i quarant’anni di carriera concluso in pompa magna con un concerto all’Arena di Verona, fa le cose come si suol dire a «modino». Un disco di inediti atteso da tredici anni, da quell’inquieto Baby Bertè dalla deliziosa cover pop up ideata da lei stessa, bello, complesso e drammatico dentro cui aveva riversato i demoni che la stavano divorando. Troppi. LiBertè – appena licenziato dai tipi della Warner – titolo geniale e una copertina shock dove viene ritratta con una camicia di forza (le è successo realmente dopo un alterco condominiale) – è, parole dell’artista calabra: «Una rivendicazione alla follia intesa come Libertà». E uno sprono a seguire i propri istinti.

Per realizzarlo ha scelto un produttore giovane ma di peso come Luca Chiaravalli con cui si è scontrata e ha discusso, ma alla fine ne è uscita con una raccolta di brillanti canzoni bilanciate dall’inevitabile necessità di accontentare le generazioni under 20 che l’hanno appena (ri) scoperta e la volontà di scendere a compromessi ma, «giusto il necessario». Per l’occasione a darle una mano tornano vecchi compagni di viaggio, come Ivano Fossati – con il quale ha scritto le pagine più belle della sua carriera negli ’80, che le regala Messaggio dalla luna, parole cesellate su un rock ruvido e graffiante: «Messaggio dalla luna, non c’è nemmeno il vento ma ti dico che è proprio grande il silenzio che sento».

I testi delle dieci canzoni li ha scritti lei stessa – supportata da Maurizio Piccoli, Fabio Ilacqua e Davide Simonetta – e il fil rouge che li attraversa è dentro il manifesto programmatico che intitola il disco: «Io non sto fra gli inni e le bandiere, tra le pecore in processione chi ha la faccia come il sedere ed in tasca una soluzione, con chi predica la morale e chi decide cosa è normale normale». Loredana fuori dal coro ma con il fiuto per il pezzo giusto: Non ti dico no – l’omaggio dei BoomDaBash «confezionato» dalla premiata ditta dei profeti della trap Takagi & Ketra che ha fatto storcere il naso ai fan puristi ma che l’ha incoronata nuovamente regina dell’estate, oppure Maledetto Luna Park, dove tra suoni vagamente etno, un ritmo frenetico e un ritornello fulminante, si scopre con: «Occhi da bambina, in questo mondo alieno».

Bambini anche nei cori che aprono e chiudono il disco, a supporto di una campagna contro il bullismo di cui Loredana si è fatta promotrice. In inverno l’attende un lungo tour e (lei si augura) un invito a Sanremo. Contraddizioni di una rocker…