Egregia direttrice,
nel ruolo di Direttore dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), sono particolarmente interessato al confronto di idee e di opinioni sulla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Ha pertanto catturato la mia attenzione l’articolo “Deposito nazionale, la falsa mappa dei siti”, secondo il quale le 33 aree idonee per la localizzazione del deposito nazionale sarebbero già state individuate in un documento ENEA del 2003 e la CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee) sarebbe “dunque una mappa artefatta costruita su quella vera cui sono stati aggiunti dei siti “civetta”, “frutto di un complicato magheggio”.

Non credo si possa valutare migliore una Carta solo perché individua meno siti. La garanzia per la collettività è avere una carta redatta in base a indicazioni chiare, oggettive e preventivamente definite, sottoposta a controlli esterni nazionali e internazionali. In un campo dal forte impatto “emozionale”, terreno di dietrologie, credo sia opportuno un contributo di chiarezza. Dal 2003 ad oggi le competenze sulla materia hanno mutato interlocutori e il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi è stato affidato in successione alla valutazione di varie commissioni. In questi diciotto anni c’è stata anche una significativa evoluzione delle conoscenze tecniche, soprattutto nel campo della sicurezza e della tutela dell’ambiente, della popolazione e dei lavoratori dai rischi delle radiazioni ionizzanti.

Nella disciplina del procedimento di localizzazione del deposito nazionale il legislatore nel 2010 ha previsto l’adozione di specifici criteri e linee guida tecniche per la valutazione dell’idoneità dei siti e della maggiore sicurezza possibile. E in questa ottica nel 2014 è stata emanata la Guida Tecnica 29 ispirata alle raccomandazioni della IAEA, che è stata sottoposta ad una revisione indipendente da parte di esperti della stessa Agenzia internazionale. L’elaborazione è stata curata da un gruppo multidisciplinare ed è stata sottoposta alla consultazione di altre amministrazioni e organi tecnici, tra cui l’ENEA; ciò ha consentito di prendere in considerazione tutti i diversi aspetti (geologico, idrogeologico, naturalistico, antropico), tenuto conto delle esigenze di sicurezza nucleare, di gestione dei rifiuti radioattivi e di radioprotezione.

Non entro nella disamina del documento Enea del 2003 che indicava 33 aree idonee, né in quello del 2001, sempre dell’Enea, che ne indicava invece 214, perché non sono stati sottoposti ad alcun iter di validazione condotto secondo norme e criteri internazionali, o norme nazionali che peraltro non esistevano. Alla fine, se si sgombra il campo da intriganti complottismi, appare evidente che la parziale coincidenza fra le aree individuate dall’Enea e quelle della CNAPI discende dal fatto che i criteri base (e internazionali) per la collocazione del deposito sono noti e condivisi: bassa sismicità; basso rischio idrogeologico; e sufficiente distanza da grosse vie di comunicazione, centri abitati, parchi, siti archeologici ecc. La differenza sostanziale è che mentre le 33 aree individuate dal documento ENEA erano ritenute idonee ed avevano una estensione di 300 ettari ciascuna, la CNAPI prevede che l’estensione delle aree da utilizzare sia di 150 ettari ciascuna in coerenza con la struttura e il dimensionamento progettuale del Parco tecnologico, e non certo per aumentare artificiosamente il numero dei siti.

L’obiettivo di fondo è realizzare il deposito in un’area idonea con l’accettazione da parte delle comunità interessate; il rischio di soluzioni “autoritarie” o che “passano sopra la testa” dei cittadini è stato sostanzialmente disinnescato dalla legge. Inoltre mentre l’attuazione dei criteri è stata affidata al soggetto attuatore, la SOGIN, il compito di verifica è stato opportunamente attribuito a una Autorità di regolamentazione indipendente, l’ISIN, così operando una netta distinzione tra controllore e controllato. In conclusione, ritengo che l’iter avviato punti alla trasparenza di scelte e comportamenti. I tempi di débat public, opportunamente estesi da recenti modifiche normative, sono tali da consentire la più ampia e approfondita disamina da parte dei territori, dei soggetti portatori di interesse, degli enti locali, delle associazioni su ogni singolo sito. E si tratta del primo passo, perché solo a valle di questo primo step si elaborerà la Carta delle aree idonee (CNAI). Siamo insomma all’inizio di un percorso autenticamente democratico e partecipato che speriamo possa portare a dotare il nostro paese di un’infrastruttura essenziale per assicurare la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, liberando gli oltre 20 siti che oggi ospitano i depositi provvisori. I tecnici dell’ISIN continueranno a vigilare perché tutto avvenga nella massima trasparenza a tutela della sicurezza delle nostre comunità.

Maurizio Pernice
Direttore ISIN

Leggi la replica di Giorgio Ferrari