«L’appoggio di Sel alla giunta Marino non è più scontato». Per il momento, e «se non ci sarà subito un ribaltamento totale nella rotta delle politiche sociali e della cura della città», si tengono «le mani libere», i consiglieri vendoliani del Campidoglio che ieri con una riunione del gruppo aperta al mondo sindacale e dell’associazionismo romano hanno dato il via ad una fase di consultazione con la base elettorale. Per ritrovare una bussola nella tormenta che offusca l’orizzonte della Capitale.

L’ago della bilancia sarà però l’assemblea cittadina di partito prevista per oggi. «Se ci chiederanno di uscire, noi siamo fuori. E con ogni probabilità si torna al voto», spiega il capogruppo Gianluca Peciola. Cosa che al Renzi 2 non dispiacerebbe affatto, senza nemmeno dover scomodare il Renzi 1.

Ma se c’è un effetto che il premier/segretario ha già sortito con il suo schizofrenico intervento – che, dopo la blindatura dei giorni scorsi, spazza via improvvisamente sei mesi di lavoro di Matteo Orfini dentro il Pd romano ma anche all’interno della maggioranza del governo cittadino – è tra le altre cose anche il moto di ribellione dei consiglieri di Sel. Così se da un lato il presidente del Pd ha ricordato ieri a Renzi che l’unica «fonte di legittimazione di Marino sono i cittadini che lo hanno votato ed eletto», e il sindaco “marziano” da parte sua continua a snobbare la grancassa mediatica come se neppure capisse il linguaggio del presidente del consiglio, dall’assemblea di Sel sale forte la tentazione di «rimanere con Marino e fare le barricate». «Non fosse altro che per resistere» contro l’uomo solo al comando «che nessuno ha eletto».

È affollata, la sala stampa dei gruppi consiliari di via delle Vergini. A discutere con i quattro consiglieri comunali – il cui peso specifico politico nella fase post Mafia capitale è decisamente non secondario – si ritrovano in molti: dalla Cgil al movimento per la casa ed Ation, dal Social Pride ai comitati di disoccupati e “Per il lavoro minimo garantito”, fino ai comitati per la scuola pubblica. Gemma Azuni, vice presidente dell’Assemblea capitolina, sembra la più convinta a non mollare proprio ora Marino, anche se lamenta il tradimento di quello spirito di squadra tanto declamato e mai decollato.

La consigliera Imma Battaglia, storica militante Lgbt, è la più tormentata. Aveva quasi deciso di dimettersi, quando Orfini annunciò il dimezzamento delle commissioni consiliari, «una frode politica – dice – perché il problema non sono le commissioni, dalle quali comunque noi ci tiriamo fuori, ma l’intero carrozzone amministrativo, luogo di potere per eccellenza», come dimostra l’inchiesta di Pignatone. Ma i suoi followers su Facebook – 6 mila visualizzazioni in poche ore dopo l’avvio di una consultazione on line, centinaia i messaggi – le chiedono di restare.

E ora che Renzi ha scaricato sindaco e presidente Pd, «lui che pensa alla responsabilità civile dei magistrati ma non a quella degli intoccabili dirigenti pubblici», Imma Battaglia la vede così: «Sto con Marino solo per combattere contro Renzi, pur continuando a pensare che o cambiamo pelle a questa città o è inutile rimanere».

Il capogruppo Peciola è «infastidito dal Proclama Alexander di Renzi», che ferma tutto «proprio quando ci eravamo messi a discutere dei problemi reali della città», un modo per giocare «tutte le parti in commedia». «Il Pd di Renzi è la principale causa della crisi – aggiunge – lo dimostra l’inchiesta sulla Mafia capitale dove il “mondo di mezzo” prolifica proprio dentro il sistema delle larghe intese. E lo dimostra una politica che da un lato taglia le gambe agli enti locali e dall’altro scarica le responsabilità solo sul sindaco di Roma» Al sindaco Marino però Sel chiede «con urgenza un grande appuntamento pubblico per ascoltare tutte le realtà in sofferenza nella Capitale, e rimettersi in connessione con la città».

«Aiutateci a capire, facciamolo insieme», ribatte la capo segreteria di Marino, Silvia Decina, intervenendo durante l’assemblea. «Degli errori sono stati commessi, ma il compito di un partito è cercare di capire come riconnettere i tessuti della città, sapendo che davanti c’è un potere che non si arrende».