Che ci sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa. Non ancora almeno. Si allude naturalmente al ministero per la Transizione ecologica, chiave magica che dovrebbe aprire per Mario Draghi il cuore e il voto dei pentastellati. L’incaricato, si sa, è laconico. Quando Donatella Bianchi, del Wwf, ha provato a chiedere più dettagliati lumi si è sentita rispondere che saranno concentrate competenze del ministero dell’Ambiente e di quello dello Sviluppo. Sembra esclusa l’ipotesi di un ministero monstre con dentro anche le Infrastrutture, anche se resta in campo la possibilità di una sorta di «superministro» con tre vice per i diversi settori, su modello francese.

Altrimenti resterebbero un’opzione di massima e una di minima. Quella di massima è un accorpamento secco tra Ambiente e Sviluppo, quella di minima il passaggio all’Ambiente delle funzione oggi in capo al Mise più inerenti all’impatto ambientale. Dalla scelta dipenderà almeno in parte il nome di quello che diventerà un ministro di primissima grandezza. In pole c’è un tecnico, anche perché, se dovesse toccare a un 5S, il posto varrebbe doppio e dunque affonderebbe le ambizioni di Di Maio di restare agli Esteri. Il nome che circola ovunque, quello di Enrico Giovannini, massimo esperto in Italia di sviluppo sostenibile, implicherebbe qualche controindicazione nei rapporti con gli industriali. Se quel settore restasse di competenza di un Mise non accorpato in blocco all’Ambiente il problema decadrebbe, quanto alle funzioni specifiche delle Attività produttive, Patuanelli è tra i ministri uscenti uno di quelli maggiormente considerati da promuovere.

Nelle ipotesi dei ministri politici, quelli indicati o suggeriti dai partiti, inevitabilmente i concorrenti eccedono le postazioni disponibili: due per ogni partito maggiore. Nel Pd se la giocano in 3: Guerini e Franceschini, che mirano alla riconferma nei rispettivi ministeri e la new entry Andrea Orlando. Per Zingaretti, che sperava di evitarla ricorrendo alla formula dei «ministri d’area», è una scelta difficile. Se Orlando fosse escluso sarebbe una mazzata durissima per la segreteria e dunque anche per il segretario. Guerini gode però dell’appoggio di un esercito di parlamentari, nonché di quello, anche più pesante, del capo dello Stato, tra parentesi ex ministro della Difesa. Franceschini però a mollare la presa non ci pensa. Ore difficili per Zingaretti e non saranno le ultime.

Sulla conferma di Speranza alla Salute pesa soprattutto il non ancora sciolto dubbio sull’entrare o no in maggioranza di LeU. Avendo la sua componente di LeU, Art. 1, già deciso per il Sì farebbe meglio a ufficializzare la decisione . Altrettanto probabile il ritorno di Bellanova, una delle dimissionarie di Iv, all’Agricoltura.
Anche a destra i nomi in ballo sono troppi. Ieri Berlusconi e Salvini si sono incontrati per ribadire la scelta di sostenere Draghi e di non porre veti. Alla fine pare che il leghista abbia parlato a nome della destra tutta e sorella Giorgia si è un po’ risentita ma nemmeno troppo: «Sarà un’interpretazione errata della stampa».

Di ministeri però non hanno discusso: quelle sono scelte che spettano ai singoli partiti. Fi ha un ingresso certo, Tajani per i Rapporti con la Ue, e secondo voci insistenti due contendenti per l’altra casella, le capogruppo Bernini e Gelmini. Per non scontentarne nessuna Berlusconi potrebbe però sceglierne una terza: Mara Carfagna. Anche la Lega ha un candidato certo, Giorgetti, e due aspiranti, Molinari e Garavaglia. Tutto il team ha connotati tali da non creare problemi soverchi alla ex maggioranza ma è noto che a Draghi le squadre tutte al maschile non piacciono. Giulia Bongiorno ha probabilmente più chance di quanto non si pensi, ma qualche imbarazzo a sinistra lo provocherebbe.

La casella centrale, quella del Mef, viene attribuita dagli opinionisti tutti a Daniele Franco, dg di Bankitalia. La sola alternativa sarebbe Lucrezia Reichlin e in entrambi i casi si tratterebbe di figure molto vicine al nuovo premier. La continuità, oltre che probabilmente da Speranza, sarà garantita da Lamorgese agli Interni. Ma potrebbe restare in pista anche l’ex ministro dell’Economia Gualtieri: ci sarà certo bisogno di un figura di raccordo per quanto riguarda il comparto Recovery, o di un sottosegretario con delega specifica.