Ilaria Borletti Buitoni, presidente della Società del Quartetto di Milano e vicepresidente del FAI, già Sottosegretario del MIBACT per Renzi, Letta e Gentiloni, ci ha dato il suo parere sulla composizione del Comitato di esperti per la fase 2 nominato dal Presidente del Consiglio lo scorso 10 aprile: «Sono molto colpita che nella task force non ci siano esperti del settore della cultura, che in Italia è un enorme motore di sviluppo turistico, su cui avrebbe senso investire. In questa fase impropria in cui la delega al turismo è stata compressa nel Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, va sottolineato che la cultura e il turismo sono due ambiti profondamente affini. Le nostre istituzioni, imprese e fondazioni culturali rappresentano un tessuto socio-economico che smentisce il famigerato slogan secondo cui con la cultura non si mangia».

SULLE DICHIARAZIONI del ministro Franceschini, che indica nel web lo spazio dove investire per rilanciare la cultura italiana: «Come ha detto Emma Dante in un’intervista, il digitale può essere utile alla diffusione della cultura (penso a concerti in streaming e visite virtuali dei musei), ma togliamoci dalla testa che questo possa sostituire l’esperienza diretta. Lo spettacolo dal vivo ha tre protagonisti: il testo/partitura, gli attori/musicisti, il pubblico. La presenza fisica di quest’ultimo è necessaria all’esistenza dello spettacolo, che diversamente si snatura e muore». Quello dello spettacolo dal vivo, oltretutto, è un settore che rappresenta un’enorme filiera produttiva, che dà lavoro a decine di migliaia di lavoratori. «Non solo, ma questi lavoratori spesso sono precari, i loro compensi subordinati allo svolgimento effettivo degli eventi. Diversamente non hanno introiti. Dobbiamo ricordarli quando parliamo di persone in difficoltà o addirittura a rischio di povertà». Spingere sul pedale della digitalizzazione dello spettacolo dal vivo potrebbe avere un effetto collaterale sui giovani che, come hanno ridotto drasticamente le uscite al cinema, fruito sempre più attraverso device casalinghi, così a fatica entrano nelle sale da concerto o nei teatri lirici. Li perderemmo definitivamente. «L’intermediazione degli schermi impedisce all’esperienza diretta di esprimersi nella sua naturale corposità. Il digitale può essere un abc al quale deve seguire l’esperienza non mediata, che speriamo possa tornare presto alla sua millenaria tradizione di rito collettivo».

Ilaria Borletti Buitoni

QUALI LE POSSIBILI soluzioni? «Questo settore va sostenuto a fondo perduto, non con prestiti, ma con sussidi per i lavoratori e per le istituzioni in attesa di riaprire. Vanno modificati i criteri di attribuzione dei fondi pubblici, ora legati ad algoritmi che privilegiano la quantità: l’obiettivo deve essere la crescita culturale del paese e occorre premiare non chi fa più spettacoli, ma chi persegue l’obiettivo. Il turismo di massa concentrato sulle mete più popolari potrebbe essere rimpiazzato da un turismo diffuso nelle aree meno battute, che così verrebbero rilanciate».

CHE NE E’ DELLA CULTURA nel dibattito sui fondi europei per il rilancio del paese? «Poiché le fondazioni bancarie, vero traino della cultura in Italia, nei prossimi due anni avranno meno disponibilità, dipendendo dagli utili delle banche, dobbiamo agganciare i fondi europei per la cultura 2021-26. Troppo spesso le Regioni italiane non hanno le competenze per redigere progetti che permettano l’accesso a quei fondi. Occorre dotare quelle che non ce l’hanno di un supporto alla stesura dei progetti nei tempi e nei modi corretti». Un ultimo appello: «Sentire i musicisti che ci chiamano per dire che devono vendere i loro strumenti perché non sanno come vivere, per chiunque ami la musica è un colpo al cuore. Dobbiamo pensare ai nostri giovani di talento che hanno scelto strade coraggiose e non certo facilmente remunerative, ma le hanno perseguite con serietà e impegno. Se scoraggiamo i giovani a proseguire la loro carriera musicale, priviamo questo paese di qualcosa di importante, che è la luce del talento e della cultura. Quando si spegne la luce della cultura, in un paese come l’Italia rischia di spegnersi tutto».