«Un atto di inaccettabile intrusività e una grave violazione delle disposizioni a tutela delle fonti e della libertà di espressione che va garantita ai giornalisti». Così il coordinamento delle Camere penali della Sardegna commenta la notizia della perquisizione, martedì scorso, nella redazione di Olbia della Nuova Sardegna e dell’inchiesta aperta a carico della cronista di giudiziaria del quotidiano sardo Tiziana Simula per «omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio».

Il coordinamento degli avvocati parla di «un fatto senza precedenti, nonostante la pubblicazione di notizie riguardanti l’esistenza di indagini in corso sia pressoché quotidiana. Si è però sempre trattato di indagini concernenti «cittadini comuni» e non magistrati – osservano i penalisti riferendosi alle notizie pubblicate dalla cronista – Forse in questo sta la differenza rispetto agli altri casi e la conseguente decisione di cercare la fonte della notizia con metodi intimidatori».

Ma cosa ha scritto Tiziana Simula? In un pezzo pubblicato sabato scorso la giornalista ha tracciato il dietro le quinte di un’inchiesta su alcune aste pilotate di ville in Costa Smeralda condotta dai magistrati della procura di Tempio. «Emerge – scrive Simula nel suo pezzo – un clamoroso retroscena. Fra le migliaia di pagine del fascicolo giudiziario sulla presunta turbativa d’asta per la vendita della villa dell’imprenditore Sebastiano Ragnedda spuntano sei mail che getterebbero una luce ambigua sull’intero procedimento e sui rapporti fra l’ex procuratore della Repubblica di Tempio Domenico Fiordalisi e alcune persone coinvolte nella vicenda, a cominciare dalla vedova di Ragnedda, Patricia Alejandra Gomez, diventata, dopo la morte del marito, legale rappresentante della Cavallino Bianco srl, società proprietaria dell’area su cui sorge la villa. Dalla sua denuncia (datata 13 aprile 2016) sulle presunte anomalie nella procedura di vendita all’asta, è partita l’inchiesta giudiziaria da parte della procura di Tempio».

Prima della rivelazione della Nuova Sardegna, nell’inchiesta giudiziaria risultavano coinvolti sei magistrati della procura di Tempio. Il primo elemento clamoroso contenuto nel pezzo del quotidiano sardo è che a scovare le sei mail nel voluminoso fascicolo sul procedimento della turbativa d’asta è stato proprio uno dei magistrati indagati, l’ex presidente del tribunale di Tempio ed ex presidente della corte d’Appello di Sassari Francesco Mazzaroppi, ritenuto nell’inchiesta in corso alla procura di Tempio il regista dell’asta pilotata. «Mazzaroppi – scrive Tiziana Simula nel suo pezzo – ha presentato un dettagliato esposto alla procura di Tempio e alla procura generale presso la Corte di Cassazione. Nell’esposto, Mazzaroppi produce le mail dalle quali emergerebbe un rapporto molto confidenziale tra la Gomez, il suo avvocato Marina Pirina, la sua commercialista Stefania Ciudino da una parte, e il maresciallo della sezione di polizia giudiziaria della guardia di finanza presso la procura di Tempio, Marcello Gaviano, braccio destro dell’ex procuratore Domenico Fiordalisi».

Ma c’è dell’altro. «Dalla lettura dell’esposto e delle carte allegate – si legge nel pezzo della Nuova Sardegna – emergerebbe il sospetto di una responsabilità del pm romano Stefano Rocco Fava (nell’esposto indicato come amico di Fiordalisi), tanto che il procuratore Garau ha trasmesso gli atti alla Procura di Perugia competente a indagare su eventuali reati commessi dal magistrato romano.

A Fava dall’esposto viene contestata – come a Fiordalisi – una «condotta omissiva tesa a favorire l’occultamento, da parte della Gomez, dei documenti e dei valori riconducibili al fallimento della Cavallino Bianco». Né il primo né il secondo magistrato, così emerge dall’esposto, si sarebbero attivati per tempo per consentire di recuperare i documenti contabili della società fallita. Il clamoroso esposto è stato inoltrato alla procura generale presso la Corte di Cassazione competente a promuovere un’apposita azione disciplinare contro i magistrati coinvolti: Fiordalisi e Stefano Rocco Fava».
Come si vede, magistrati contro magistrati. In una vicenda ancora tutta da chiarire.