Il Dieselgate decapita l’Audi. Ieri mattina la polizia bavarese ha eseguito il fermo dell’amministratore delegato Rupert Stadler accusato la settimana scorsa di «frode e false autenticazioni» dalla Procura generale di Monaco. Misura di custodia cautelare urgente e necessaria: a sentire i magistrati, il Ceo dei “Quattro Anelli” avrebbe provato a condizionare «altre parti nel procedimento» sulla maxi-truffa dei motori “puliti” del Gruppo Volkswagen.

«Temevamo che ciò fosse imminente e quindi si dovesse agire molto rapidamente», riassume il portavoce del Tribunale. Domani mattina Stadler comparirà davanti al giudice istruttore per il primo interrogatorio; ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni lasciando ai portavoce di Volkswagen la conferma del suo fermo.

Un’altra “botta” per il costruttore di Wolfsburg, il cui titolo ha subìto l’immediato contraccolpo alla Borsa di Francoforte. In gioco – oltre alla testa del capo di Audi – una mega-multa come quella patteggiata la settimana scorsa con la Procura della Bassa Sassonia: 1 miliardo di euro al Land (azionista di Volkswagen) che ospita sede e fabbrica del Gruppo a titolo di risarcimento dei danni provocati dallo scandalo delle emissioni truccate.

Di sicuro, «il pubblico ministero di Monaco vuole aumentare la pressione sull’azienda» come rivela l’indiscrezione raccolta dal quotidiano economico Handelsblatt nei corridoi dei piani alti della sede Vw. Ma appare altrettanto certo il solido sospetto degli inquirenti sulla «frode nei confronti dei clienti e dei concessionari Audi in Europa attraverso la vendita di automezzi con motori diesel manipolati», la cui responsabilità ora viene attribuita anche a Stadler.

È il secondo top-manager del Gruppo Vw a rimanere schiacciato dal carico di accuse messe in fila dalla Procura bavarese; il sesto alto “quadro” di Audi che salta per aria dall’inizio del Diselgate. Lo scorso autunno, sempre su mandato dei magistrati di Monaco, era stato arrestato Wolfgang Hatz, numero uno dello sviluppo motori di Audi e poi capo del reparto “esperienze” di Porsche: altro uomo sussidiario alla galassia di Martin Winterkorn, l’ex amministratore delegato del Gruppo Vw costretto alle dimissioni. Con Hatz, coimputato a Monaco, era finito anche Giovanni Zaccheo Pamio, l’ex collaboratore di Volkswagen coinvolto nello scandalo pronto a “vuotare il sacco” sulla manipolazione del software anti-inquinamento.

Di fatto, il cerchio del filone d’indagine di competenza della Baviera appare destinato a chiudersi rapidamente. Dopo la sanzione miliardaria della Procura di Brunswick (Bassa Sassonia), a Monaco hanno messo insieme sufficienti prove del coinvolgimento diretto e personale del manager Audi.

Stadler, secondo l’accusa, sarebbe stato a perfetta conoscenza dell’intera filiera del processo di falsificazione dei dati sulle emissioni e li avrebbe – più o meno formalmente – approvati nella sua funzione di amministratore delegato.
Sarebbero dunque imputabili anche lui le circa 220.000 Audi diesel commercializzate tra Europa e Stati Uniti dal 2009 in poi, dotate del programma che imbroglia i rilevamenti delle sonde anti-particolato.

Ieri pomeriggio a Wolfsburg si è riunito di urgenza il Consiglio di sorveglianza di Volkswagen per stabilire il futuro aziendale del manager Audi. Impossibile rinnovargli la fiducia alla luce del fermo e – soprattutto – della reazione dei mercati che hanno punito il Gruppo Vw in tempo reale. Nella seduta di ieri della Borsa di Francoforte le azioni con il logo del Lupo sono state relegate all’ultimo posto dell’indice Dax facendo segnalare il calo del titolo dell’1,8%. Un vero e proprio allarme sui conti aziendali già gravati dal gigantesco fondo di accantonamento (oltre 25 miliardi) istituito per far fronte alle cause giudiziarie attivabili nella cinquantina di Stati in cui Vw ha venduto automobili truccate.

Al di là dei numeri, l’offensiva giudiziaria contro il Gruppo di Wolsburg resta sintomatica della doppia gestione del Dieselgate nella Bundesrepublik. Da un lato la magistratura inchioda penalmente i top-manager Vw, dall’altra il governo Merkel prova a limitare i danni all’impresa trasformando il blocco dei Diesel fuorilegge nel ben più economico «retrofit» dei motori.