Il denso volumetto Costruire il popolo (Castelvecchi, pp. 144, euro 16.50), fatta eccezione del breve saggio finale di Errejòn e della nota introduttiva di Samuele Mazzolini, si propone come un dialogo serrato tra Íñigo Errejòn. già fondatore,con Pablo Iglesias, di Podemos e la studiosa belga Chantal Mouffe, autrice, con Ernesto Laclau, del volume Egemonia e strategia socialista.

Va detto che tutte le riflessioni e le argomentazioni della studiosa tendono a riproporre continuamente un punto fermo: cioè che sia radicalmente infondata l’idea di una «rappresentazione di identità già esistenti», e che invece «la rappresentazione è allo stesso tempo costituzione di identità». Come è stato già osservato a proposito di Laclau,si può dire che anche Chantal Mouffe, pur indicando il regime neoliberale come forma attuale del sistema dominante, non avverte la necessità di pensare a una critica organica dello specifico potere egemonico di tale regime. Ella non avverte, anzi non può avvertire, questa necessità in quanto è del tutto interna alla prospettiva di «costruire dei linguaggi in grado di fornire elementi di universalità che rendano possibile l’instaurarsi di legami equivalenziali».

È QUESTA LA LOGICA dei «significanti vuoti»: essa appartiene (secondo Laclau e la stessa Mouffe) a tutte le «astrazioni che producono effetti storici concreti»: sicché, dato «che nessuna forza è l’incarnazione dell’universale in sé e per sé, una “volontà collettiva” riuscirà a consolidare la sua egemonia, solo se riuscirà ad apparire agli altri gruppi come la forza che è in grado di garantire la migliore sistemazione sociale al fine di assicurare ed espandere un’universalità che la trascende».

Egemonia come lotta per l’apparenza, dunque: essa in quanto tale espunge da sé il terreno della critica, sostituito dal terreno del confronto tra punti nodali, tra nodi emergenti, che costituiscono la tessitura visibile della società.

Come è stato osservato (da Fabio Frosini), si tratta di una teoria dell’egemonia che «si fonda su una traslitterazione tutta culturale dei processi sociali». Nel dialogo con Errejòn Chantal Mouffe afferma che la politica consiste anche «nel costruire identità» e nel configurarsi come rappresentazione; al che il già fondatore di Podemos esprime il suo consenso commentando significativamente: «Rappresenta, e rappresentando costruisce».

TUTTAVIA lo stesso Errejòn, al contempo, fa notare che la definizione di «populismo di sinistra» in Spagna, nell’immaginario collettivo «significa immediatamente demagogia». Ma proprio perché i due interlocutori, entrambi, si muovono sul terreno populistico dell’«apparenza», la replica di Chantal Mouffe consiste nell’invitare a mostrare il populismo di sinistra come volto costitutivamente a «radicalizzare la democrazia»: la politologa belga afferma con decisione che nei prossimi anni in Europa la lotta politica di fondo sarà quella tra populismo di destra e populismo di sinistra. In una sua logica radicalmente discorsiva la questione cruciale consisterà in questo: «Come è costruito il popolo, a partire da quale catena di equivalenze sarà un popolo di destra o un popolo di sinistra?». A sua volta Errejòn sottolinea come le esperienze e le conquiste progressiste in America latina si siano espresse e articolate «attorno ai poli retorici di sinistra/destra».

Infine, in connessione organica con la configurazione retorica dell’opposizione destra-sinistra, vorrei segnalare conclusivamente lo stravolgimento altrettanto retorico-discorsivo, intimamente populistico, presente nell’affermazione di Chantal Mouffe, secondo cui «l’opposizione popolo/casta è agonistica, non antagonistica», vale a dire «è una lotta per l’egemonia che si svolge attraverso una guerra di posizione» (con buona pace di Gramsci).