Ginevra Bompiani: «Uno dei problemi del ricevere ordini, è il fatto che presto vi rotola dentro la stupidità. E ci si ritrova, non tanto alle prese con l’ubbidienza, quanto con il buon senso del ridicolo. È successo molte volte in questa Pandemia: i cosiddetti reggitori del mondo hanno fatto a gara di imbecillità, incompetenza e improvvisazione. Noi per fortuna abbiamo un capo del governo, che si tiene sempre nell’Aurea Mediocritas, a prudente distanza fra due fuochi. Ma perfino lui, a furia di avanzare solitario nella mistificazione, finisce per inciampare nell’assurdo.

Oggi riguarda le persone da visitare nella fase due. Anche stavolta sarà il grande fratellone a darci le indicazioni necessarie: i congiunti! Oddio, e chi sono? A essere precisi, ‘congiunto’, participio passato, è la persona o cosa che ha subito l’azione di ‘congiungere’. E a rigore non si potrebbe dire dei parenti, che sono nati consanguinei. Perciò il governo si è affrettato ad allargare il termine ad ‘affetti stabili’. E qui il dubbio cade nello stupore: in che modo la stabilità di un affetto difende dal contagio? È stata la Signora Bonetti a suggerire questa parola? È dunque proibito innamorarsi (rapporto instabile, incerto, essenziale)? E fare sesso si può?

Caro Sarantis, tu che sei il paladino dell’amicizia, della libertà e del buon senso, non credi che qui non basti ridere? Perché le tre cose che a noi sembrano così preziose sono state infrante, ignorate e calpestate. L’espressione ‘affetto stabile’ non è solo una stupida e illecita imposizione, è il segno che la terra che credevamo che ci aspettasse fuori dalla porta, quella dove avremmo ritrovato i nostri passi e la nostra andatura, è sparita mille miglia dietro di noi, e che quando credevamo di ‘restare a casa’, eravamo invece imbarcati su vagoni di un treno che viaggiava velocissimo verso una terra sconosciuta, di cui ignoriamo la lingua, la forma politica, gli abitanti…

Io non voglio restare a casa, voglio ‘tornare a casa’, e ritrovarvi i miei cari e le mie parole, che sono sempre stati la garanzia per me che il mondo esiste e che l’amore e la verità vi hanno luogo».

Sarantis Thanopulos: «C’è, Ginevra, nelle regole del distanziamento sociale, un che di improbabile dal punto di vista dei nostri movimenti che non possono disporsi nello spazio secondo la logica geometrica che le regole dovrebbero applicare, se non al prezzo di una perdita della loro spontaneità. Ne deriva un conflitto tra la spontaneità dei movimenti e la meccanicità che ad essi viene imposta del quale Buster Keaton avrebbe potuto cogliere tutta la comicità.

Il distanziamento sociale è impersonale, non può tenere conto delle forze attrattive erotico/affettive che muovono gli esseri umani, prescrive comportamenti standardizzati e omologanti, riprodotti in modo anaffettivo e uguale per tutti. Prescrive, in altre parole, un agire adattativo alla necessità di isolamento che deve reprimere gli affetti ed è tanto più efficace quanto più grande è il numero di persone che vi aderisce.

L’agire che è personale, segue la strada dell’amicizia e dei sentimenti e vive nello spazio dei piccoli numeri. Non dà importanza alla forma del comportamento, ma all’espressione di un modo di essere.

Il distanziamento sociale e l’agire personale affettivo/erotico sono, di fatto, incompatibili. La domanda securitaria della restrizione della nostra libertà di movimento esige l’uniformazione ad essa dei nostri affetti e desideri e li rende piatti e prevedibili. Ne inibisce la profondità che implica, come tu dici, instabilità e incertezza, l’essenzialità priva di fronzoli, ma piena di intensità, della congiunzione erotica. Gli slogan ‘restate a casa’ e ‘affetti stabili’ sono mistificanti e fanno della quarantena una gabbia psichica. È meglio dire: è rischioso andare in giro e se proprio lo fate che sia per chi (o perciò che) davvero desiderate».