«Quentin, stai cercando di uccidermi?». Così Monte Hellman aveva apostrofato Tarantino, salendo sul palco del festival di Venezia 2010, per ritirare – dalle mani del regista di cui aveva prodotto l’esordio, Reservoir Dogs/Le iene – un Leone d’oro speciale conferitogli «per l’opera». Felice ma anche vagamente stizzito, Monte avrebbe preferito un premio per il film che quell’anno aveva portato in concorso alla Mostra, Road to Nowhere, il suo nuovo, personalissimo noir, prodotto con la cura, lo spirito d’indipendenza e la dolce ostinazione che lo contraddistinguevano. Quella sera, sulla terrazza del palazzo del cinema, la sua giovane attrice, Shannyn Sossamon, avrebbe sfoggiato quel talento di disc jockey di cui Monte mi aveva parlato con entusiasmo nei nostri incontri durante la post produzione del film. La adorava e, dopo averla scoperta, aveva disegnato apposta per lei il doppio ruolo di Laurel Graham e Velma Duran. Road to Nowhere era uno dei suoi lavori preferiti. Nonostante in questi anni i progetti in quasi lavorazione siano stati più di uno – sarebbe, purtroppo, rimasto l’ultimo lungometraggio.

IL REGISTA di Two Lane Black Top, Cockfight e The Shooting è mancato martedì, in un ospedale di Palm Desert, dove – ha dichiarato sua figlia e collaboratrice Melissa- era stato ricoverato in seguito a una caduta. Dalla sua casetta di Appian Way, inerpicata sulla collina di Hollywood, regolare meta dei pellegrinaggi di registi amici, cinefili, critici, studenti e fan del fantastico cocktail margherita per cui era famoso, Monte si era trasferito a vivere nel deserto, qualche anno fa.
«Cult», di culto, è uno degli aggettivi più ricorrenti nei necrologi che continuano ad uscire dopo la notizia della sua scomparsa.

Me, se è vero, che esiste un culto di Monte Hellman – oltre a Tarantino, Martin Scorsese e Paul Thomas Anderson lo hanno citato come un’ispirazione; le sue collaborazioni con Jack Nicholson e con Warren Oats sono leggendarie; in Francia è adorato; in Portogallo dovevano produrre il suo nuovo film – l’accezione «cult» nelle sue connotazioni più appariscenti/trasgressive- si adegua così poco all’aura di ascetismo un po’ scherzoso che lo circondava, alla serietà precisa con cui parlava di film (vedeva tutto), alla pazienza con cui metteva e rimetteva in piedi certi progetti, per poi vederli crollare di nuovo. Monte Hellman non voleva fare dei film cult. Voleva fare cinema. Il fatto che la sua carriera sia stata così tormentata è più un segno di purezza che di desiderio di trasgressione. «Mi piace lavorare su film che si svelano poco a poco davanti a me. Ogni film per me è un mistero, tutta l’arte è un mistero» ha detto qualche anno fa.

Nato a Brooklyn, nel 1929, cresciuto a Los Angeles dove la sua famiglia – dopo una pausa ad Albany dove il papà aveva una drogheria – si era trasferita quando aveva sei anni, Hellman ha studiato teatro all’università di Standford per poi frequentare un anno e mezzo la scuola di cinema di Ucla. Ha lavorato per la radio, per il teatro (mettendo in scena, tra gli altri, Thornton Wilder, O’ Neil, Beckett, Saroyan) e come assistente montatore per la Abc. L’esordio alla regia (Beast from Haunted Cave), nel 1959, lo deve a Roger Corman – come molti della sua generazione, tra cui Francis Ford Coppola, con cui ha collaborato, e Joe Dante. È del 1960 – sempre attraverso giri cormaniani: ha montato in parte The Terror – l’incontro con Jack Nicholson, con il quale fonderà, la Proteus Film. Insieme a lui gira, nelle Filippine, Back Door to Hell e Flight to Fury, e i western che lo hanno fatto notare in Europa, The Shooting e Ride the Whirlwind. «Credevamo di stare facendo Duello al sole» disse Hellman, con l’abituale autoironia, della lavorazione dei due film, entrambi presentati nell’edizione 1966 del festival di Cannes, i western non vennero regolarmente distribuiti nelle sale Usa causa fallimento della compagnia europea che li aveva finanziati.

È DEL 1971 il suo unico film da Studio (oggi considerato il suo capolavoro) Two-Lane Blacktop (Strada a doppia corsia), prodotto dalla Universal, improvvisamente attenta ai giovani (Dennis Hopper, Peter Fonda, John Landis..) dopo il successo di Easy Rider. Scritto dal romanziere Rudy Wurlitzer (che avrebbe sceneggiato Pat Garret & Billy The Kid, che Hellman doveva dirigere, prima di essere rimpiazzato da Sam Peckinpah, e Il piccolo Budda di Bertolucci), il magnifico, tersissimo, road movie di Hellman è interpretato, insieme a Warren Oats, da James Taylor (il volto del musicista aveva catturato l’attenzione di Monte da un cartellone pubblicitario su Sunset Boulevard) e dal Beach Boy Dennis Wilson. Monte lo definì «un film sulla vita interiore. Non esteriore».

PESANTEMENTE alterato da Corman, bandito in Inghilterra e oggi disponibile solo in copie rovinatissime, Cockfighter (1974) è il suo ultimo film americano prima di una parentesi italiana iniziata con lo spaghetti western China 9 Liberty 37 (del 1978, da cui nacque l’amicizia con Fabio Testi, e in cui Sam Peckinpah ha un piccolo ruolo). Italiano è anche Iguana, del 1988. Silent Night, Deadly Night III: Better Watch Out!, realizzato nel 1989 è il film successivo, un horror: «L’unico horror che amo veramente è Dead of Night» mi disse Monte qualche anno dopo. «Don’t Look Now, di Nicolas Roeg mi ha fatto veramente paura. L’esorcista l’ho trovato divertente. Raramente ho reazioni di terrore di fronte a un horror, ma quando ne realizzo uno, come Better Watch Now, sono molto interessato a lavorare sull’emozione della paura, ai fini per esempio di vedere il pubblico sussultare alla scena con le due mani che sbucano dalla porta».

Better Watch Now è stato seguito dal mediometraggio gotico (ispirato da Kubrick) Stanley’s Girlfriend parte di un film omnibus prodotto da Dennis Bartok, Trapped Ashes (2006), che conteva anche segmenti diretti da Joe Dante, Ken Russell e Sean S. Cunningham.