l «decreto aprile» potrebbe arrivare mercoledì sei maggio e non sarà «spacchettato» come aveva ipotizzato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Più volte annunciato, e rinviato, su questo maxi-provvedimento – in pratica una finanziaria da 55 miliardi, la terza in tre mesi – ci sono molte difficoltà politiche. I nodi sono numerosi, a cominciare dal “reddito di emergenza”, una nuova soluzione tampone riservata agli esclusi dai bonus per partite Iva e casse integrazioni, precari poveri e invisibili nell’economia informale. Va dimensionata una platea, definito il costo, stabilito se sarà un’estensione del reddito di cittadinanza o un altro dei tanti bonus. Non si sa se sarà l’Inps a erogarlo, oppure sarà gestito dai comuni come chiedono i renziani di Italia Viva. La ministra del lavoro Catalfo ha confermato che i beneficiari del cosiddetto “reddito di cittadinanza” andranno a lavorare nei campi. Il sussidio sarà sospeso nel caso di un’attività continuativa, ma al termine sarà di nuovo concesso. Se il lavoro sarà di un paio di giorni, il “reddito” potrà essere percepito. Il ministro per il Sud Provenzano e quella per le politiche agricole Bellanova hanno precisato che è previsto un contratto di lavoro in questi casi. Resta forte l’intenzione di confondere il sussidio con il salario, obbligando così i beneficiari di un sussidio di povertà a lavorare gratuitamente nei campi. Comunque andrà si tratta di un allargamento dei lavori obbligatori che i beneficiari sono costretti a fare fino a 16 ore a settimana per dimostrare di essere «meritevoli» del sussidio. Il «povero» resta un soggetto che deve giustificare di esistere, subire uno stigma, non affermare la dignità di esistere indipendentemente dalla sua condizione.

In questo patchwork di misure categoriali ed episodiche il bonus alle partite Iva passerà a 800 euro, ma potrebbe essere inserito un tetto per chi ha guadagnato nel 2018 da 35 mila euro a 50 mila lordi. Diversamente da quanto fatto a marzo potrebbe perdere il sussidio. Sembra che al governo si siano accorti che la distribuzione a pioggia, indipendentemente da criteri patrimoniali e reddituali, non sia molto utile e rischia di penalizzare i più vulnerabili. Non è escluso che questo provocherà proteste tra gli esclusi di marzo. Saranno prolungati gli ammortizzatori sociali previsti nel decreto Cura Italia, tredici miliardi per ulteriori 9 settimane di copertura. Anche Il divieto di licenziamenti sarà prorogato. In questa incertezza resta sospeso anche un nuovo bonus a pioggia «per le famiglie» e una vociferata nuova precarizzazione dei contratti a termine. Ieri Catalfo ha rilanciato na riforma degli ammortizzatori sociali» e ha parlato di «un nuovo strumento che unisca il sostegno al reddito alla formazione e al lavoro in azienda». In pratica non una tutela universale della persona al di là del lavoro svolto, ma altri fondi alle aziende e alla burocrazia delle «politiche attive del lavoro».

Ieri sera la Camera stava votando il Documento di Economia e Finanza (Def), contrarie le destre. “Non sorprende che esistano opinioni diverse – ha commentato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri – Naturalmente le opposizioni hanno criticato come legittimo e fisiologico» anche forse «trascurando» a volte che «davanti a una epidemia globale e a un lockdown totale non esistono soluzioni semplici che qualcuno avrebbe fornito in scioltezza». Destino diverso per il voto sullo scostamento di bilancio di circa 75 miliardi di euro aggiuntivi per il 2020 in termini di indebitamento netto e 180 miliardi di euro in stanziamenti: 512 voti a favore, con le destre a favore.

«È – ha detto Gualtieri – una manovra espansiva poderosa, di entità mai raggiunta dal dopoguerra a oggi» che «non mette a repentaglio la sostenibilità della finanza pubblica anzi è condizione per il suo rafforzamento».«La politica di bilancio – ha proseguito Gualtieri – sarà espansiva sia nel 2020 che nel 2021, negli anni successivi dovremo ridurre il deficit il rapporto debito/Pil, ma i risultati conseguiti nel 2019 mostrano che non è necessario imporre misure “lacrime e sangue”, ma si può lavorare per fare crescere il gettito fiscale a parità di aliquote attraverso una seria politica di contrasto all’evasione, supportata da innovazione, organizzazione e risorse umane qualificanti». Una prospettiva ottimista. Andrà verificata tra un anno, con un Pil negativo di 8 e più punti, debito oltre il 160%,, fallimenti a catena, povertà e disoccupazione raddoppiate. Sorge il dubbio che il «Recovery Fund» della Commissione Ue, né l’acquisto illimitato dei titoli di stato – anche «spazzatura» – da parte della Bce, saranno sufficienti.

Nelle audizioni sul Def ieri Bankitalia ha sostenuto che dopo la crisi pandemica da Covid 19 «serve un periodo di politiche non restrittive», cioè nessuna austerità. Non ci sarà la «ripresa a V» che permette di tornare in breve ai livelli pre-crisi. Sembra che ci sarà una a «U». Non è stata considerata l’ipotesi a «L», cioè al crollo verticale di oggi seguirà una lunga depressione. In questa incertezza potrebbe essere una p