Per l’Oms «l’Italia è il modello», e lo è davvero per un’Europa che continua a muoversi in ordine sparso. Ma in Italia i risultati della lotta al virus ancora non si vedono. L’illusione di una curva in pur lieve discesa, già molto tirata per i capelli, è svanita ieri, di fronte ai dati che registrano non solo 345 decessi ma anche quasi 3mila nuovi contagi.

Forse non potrebbe essere diversamente e bisogna dare tempo alle misure restrittive, adottate in ritardo, perché diano i loro risultati. Ma in questa situazione è inevitabile che anche le Regioni ricomincino un po’ a muoversi in ordine sparso. Il Veneto decide la tamponatura a tappeto e di dubbi e costi, assicura il governatore Zaia, «me ne strafrego».

Le Marche si muovono nella stessa direzione. L’Emilia chiede tamponi anche per gli asintomatici. LaToscana prevede di passare nei prossimi giorni da 700 a 3500 test ogni giorno. «Non sono raccomandati screening di massa», replica il rappresentante dell’Oms Ranieri Guerra nel corso della conferenza stampa della protezione civile ma solo «test in tutti i casi sospetti».

LA SITUAZIONE NEL NORD, a Bergamo in particolare, resta tragica. «Facciamo quanto possibile», commentano dal ministero della Salute e procede la costruzione del nuovo ospedale nei locali della Fiera, anche grazie alla donazione senza dubbio generosa di Sivlio Berlusconi: 10 milioni. Un fronte ulteriore è rappresentato dalle Poste, dopo la morte, nella provincia di Bergamo di due dipendenti che avevano lavorato fino a pochi giorni fa. «Ora basta. Gli uffici postali vanno chiusi», insorge la Cgil.

Chiudere i servizi postali non si può, rispondono dal governo. Una stretta ci sarà, ma sulla sicurezza dei lavoratori, non sulla chiusura degli uffici.

LA PRIMA preoccupazione, per la «cabina di regia» della crisi, resta il rispetto ancora non abbastanza rigido dell’isolamento. Neppure su questo fronte ci saranno ulteriori restrizioni, almeno per ora. Però i controlli si faranno più rigidi, come ordinano le direttive emanate ieri dal Viminale. Più controlli e più severi, soprattutto sulle violazioni della quarantena, che da ieri compaiono nelle autocertificazioni necessarie per circolare, con l’obbligo di assicurare, sotto la propria responsabilità, di non essere appunto in stato di quarantena.

QUELLA CONTRO il Coronavirus è anche una lotta contro il tempo. Il problema è che i tempi della politica, per quanto accelerati, rischiano sempre di essere più lenti di quelli di un virus che continua a correre. Il dl «Cura Italia» è arrivato a vedere la luce, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, solo ieri sera. Inevitabile per un provvedimento che non è solo un decreto d’urgenza contro il virus ma una vera e propria finanziaria. L’opposizione non può schierarsi apertamente contro un dl che rappresenta comunque uno sforzo quasi senza precedenti, ma le richieste di modifica abbonderanno. «Le lacune maggiori sono sugli autonomi e non c’è nessun taglio delle tasse ma solo sospensioni», attacca Salvini.

Neppure in un momento come questo, peraltro, il leghista rinuncia a fare leva sui peggiori istinti in nome della propaganda. «Ho detto a Conte e Bonafede che se qualcuno pensa di fare uscire dal carcere in anticipo migliaia di detenuti non avrà il consenso della Lega». Allude alla scelta di far scontare con misure alternative le condanne sotto i 18 mesi o quelle già scontate sino a quella soglia.

Sarebbe una misura di semplice buon senso, oltre tutto consentita da una legge votata nel 2010 anche dalla Lega. «I domiciliari saranno possibili fino a giugno e non per i reati particolarmente gravi né per violenze in famiglia e stalking. Parlare di indulto è da irresponsabili», replica il M5S. Ci vuole poco a prevedere che, in un clima simile, una misura necessaria per evitare il disastro nelle carceri sarà concessa col contagocce.

NONOSTANTE GLI emendamenti, il dl arriverà in porto senza grosse scosse. Ma non basterà come non basterà quello in preparazione per aprile. L’appello lanciato ieri da Conte, nel vertice dei capi di Stato Ue in teleconferenza, è quasi un grido di dolore: «Nessun Paese uscirà indenne da questo tsunami e se procederemo divisi la risposta sarà inefficace. Servono Coronavirus bond o anche un fondo di garanzia europeo per finanziare con urgenza le iniziative di governo a protezione delle proprie economie». Sulla risposta a questo appello l’Italia, e anche la Ue, si giocano tutto.