Tra Renzi e Alfano sulle unioni civili a spuntarla per adesso è stato il primo. Questa mattina alle 9,30 il Senato incardinerà infatti la discussione in aula del nuovo ddl Cirinnà sbloccando così una situazione resa impossibile per mesi dall’ostruzionismo messo in atto dal Ncd in commissione Giustizia. A deciderlo è stata ieri sera la conferenza dei capigruppo che ha anche stabilito che a dover essere esaminato è il testo sottoscritto la scorsa settimana da 70 senatori del Pd. Scelta confermata subito dopo dall’aula. Si tratta però solo di un primo passo. Il lavori sulle unioni civili verranno infatti subito sospesi per lasciare spazio al dibattito sulla legge Boccadutri che conserva il finanziamento pubblico ai partiti, poi nel pomeriggio è atteso l’intervento di Renzi, domani ci sarà il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e martedì prenderà avvio l’esame della legge di stabilità. Di diritti delle coppie omosessuali si tornerà quindi a parlare solo a gennaio del 2016, anche se c’è chi spera di poter sfruttare la finestra di qualche giorno che potrebbe aprirsi a novembre, quando la legge di stabilità sarà all’esame della Camera. Anche se per adesso il premier ha la meglio sulle resistenze dell’alleato di centrodestra, il percorso resta quindi ancora tutto in salita.
A spingere perché il Senato incardinasse il provvedimento è stato lo stesso Renzi ieri mattina parlando alla radio. «Le unioni civili sono un argomento che divide profondamente tant’è che siamo l’unico paese in Europa senza una legge. La posizione del Pd è di iniziare a discutere di questa legge in aula, dandoci i tempi per arrivare alla conclusione in Senato» ha spiegato il premier, augurandosi di poter procedere «senza furore ideologico». «Sul 95% della legge nel Pd c’è l’accordo di tutti», ha concluso.
La nota dolente, il restante 5% sul quale manca il consenso, riguarda le step child adoption, la possibilità di adottare il figlio biologico del partner. Su questo punto il Pd ha già annunciato che lascerà i suoi senatori liberi di votare secondo coscienza, ma la discussione si annuncia accesissima. Alcuni cattolici del Pd vorrebbero fatti sostituire l’adozione con un affido «rinforzato», diverso da quello di cui usufruiscono le coppie eterosessuali. In pratica i servizi sociali non interverrebbero per un controllo sulle condizioni del minore ogni due anni, come avviene con le coppie di sesso diverso, ma all’inizio dell’affido e tutte le volte che lo riterranno necessario. Proposta che non piace alle associazioni omosessuali (ieri l’Arcigay ha parlato di «ignobile tentativo di marchiare i figli degli omosessuali». Ma neanche a molti senatori dem. «Si tratta di un falso rafforzamento, perché lascia in balìa di una serie di fattori l’esercizio dei diritti del bambino» contesta il senatore Sergio Lo Giudice, per il quale il rischio vero è quello di danneggiare il minore. «Con l’affido il bambino viene discriminato perché perde tutti i diritti – dal mantenimento alla possibilità di entrare nell’asse ereditario – che avrebbe invece con l’adozione e verrebbe lasciato in un limbo di incertezze». Lo Giudice si dice però anche sicuro di riuscire a convincere i colleghi di partito: «Sono convinto che spiegando nel dettaglio tutti i problemi che la loro proposta crea, saranno i primi a cambiare idea».
Intanto l’aria che tira nella maggioranza è a dir poco gelida. La compattezza dimostrata finora sulla riforma costituzionale appartiene già al passato e il Ncd promette battaglia. Il partito di Alfano ha fatto di tutto per evitare che il ddl Cirinnà venisse incardinato definendo l’operazione una «forzatura del regolamento», e adesso che ha perso la battaglia gioca la carta di un possibile ritorno del testo in commissione Giustizia, dove l’ha tenuto impantanato per mesi con oltre mille emendamenti. Anche per i centristi il punto cruciale si chiama step child adoption, che tentano di abolire in tutti i modi. «E’ possibile trovare un margine di intesa sul nuovo testo Cirinnà durante la sessione di Bilancio che scatta dalla prossima settimana», ha spiegato il capogruppo Renato Schifani. Duro, invece, il commento del M5S. Più volte i grillini si sono detti pronti a votare il ddl Cirinnà a patto, come ha ripetuto ancora ieri il senatore Alberto Airola, che non si faccia nessun passo indietro rispetto al testo originario. Ieri i 5 stelle hanno condannato la scelta di non discutere subito il provvedimento dando la precedenza alla legge Boccadutri: «Il bicameralismo non è un problema quando i partiti vogliono i soldi dei cittadini», ha detto il capogruppo Gianluca Castaldi. «Le unioni civili? I diritti possono attendere, domani (oggi, ndr) la legge verrà incardinata in aula per poi essere discussa chissà quando…».