La grande abbuffata è un film famosissimo di Marco Ferreri, del 1973, che ha fatto davvero epoca: sia per i temi affrontati, sia per il successo e la risonanza che ha avuto (oltre al fatto di schierare in formazione Mastroianni, Tognazzi, Piccoli e Noiret). Francesco Asselta e Michele Sinisi (anche regista) ne hanno tratto una versione teatrale prodotta da Elsinor (andato ora in scena al teatro Basilica). La compagine dei quattro ingordi di perversione che cercano, attraverso l’abuso esagerato di cibo e sesso, di «conquistare» la morte che sola li può «pacificare», è composta anche qui da volti noti della scena, da Ninni Bruschetta a Stefano Braschi.
ANZI non mancano momenti di «teatro nel teatro» quando si gioca con l’identità vera degli attori. Più difficile mettere a fuoco, con un pubblico folto e molto ravvicinato, la tematica centrale del racconto, la goduriosa quanto «dolorosa» discesa verso la morte. L’eccesso di cibo passa presto in secondo piano, ingurgitato dall’eccesso sessuale, offerto (detto senza alcuna pruderie) in abbondanza come raramente usa in teatro. E se cade la metafora, c’è il pericolo che si perda anche il senso di fondo, sovrastato dall’abbondanza dei fondoschiena.