[La povertà odora di panni stesi ad asciugare nei vicoli. Al primo mattino in via San Donato, nel cuore del centro storico di Sassari, le strade sono quasi deserte. Dai terrazzi, se si guarda verso nord, si vede il mare, le Bocche di Bonifacio e il profilo dell’isola dell’Asinara. Il silenzio è rotto dal grido dei gabbiani. Tra i pochi che trovi in giro, Mohammed, che ha venticinque anni e vende ombrelli. Abita, insieme con altri cinque senegalesi, in un appartamento di cinquanta metri quadri in una delle case fatiscenti che si stringono intorno alla piccola corte in cui termina un vicolo chiuso, uno dei tanti nell’intrico di stradine che cingono la chiesa di San Donato (XII secolo).

La pianta irregolare della città medievale non è stata toccata dalla speculazione edilizia. Sono cadute, alla fine del secolo XIX secolo, le mura, buttate giù senza pensarci due volte. Ma l’impianto urbanistico è rimasto quello antico. Mohammed è uno dei 2.709 stranieri residenti a Sassari: romeni, senegalesi, marocchini, pakistani. Riempiono il vuoto lasciato dai sassaresi che dal vecchio centro si sono spostati nei quartieri dormitorio di Latte Dolce, di Santa Maria di Pisa, di Ottava, a nord, in periferia, nella pianura che scende dalle colline verso il mare. I dati (gli ultimi sono del 2010) danno anche una forte presenza d’immigrati di nazionalità ucraina. Sono le badanti. Gli uffici del comune ne hanno censito circa trecento. Sassari di abitanti ne conta 130.000.

Via San Donato sfocia sul corso Vittorio Emanuele, che taglia esattamente in due la mappa della città storica. Se lo si percorre verso sud, è possibile fare in pochi minuti un viaggio nel tempo. Dove termina il corso finisce la Sassari medievale e comincia quella risorgimentale. S’incontra per prima piazza Castello, che si chiama così perché sino alla fine dell’Ottocento quello spazio era occupato dal castello edificato dagli Aragonesi, signori della città quando questa smise di essere un libero comune. Oggi al posto della fortificazione fatta erigere dai re d’Aragona c’è una caserma: dall’esercito aragonese a quello sabaudo, dalla dominazione iberica all’alba dell’unità nazionale. Pochi metri e da piazza Castello si arriva a piazza d’Italia, che al centro ha una statua del re dell’incontro di Teano in posa guerresca. E da lì si diparte, sempre verso sud, via Roma. Italia, Vittorio Emanuele, la città eterna. Nei nomi, un progetto. Piazza d’Italia è stata per tutto il Novecento il cuore di Sassari. Oggi condivide lo stesso destino del vecchio centro medievale: silenziosa e spopolata. Sassari s’è spostata a nord.

Nella pianura verso il mare stanno i nuovi insediamenti, cresciuti in fretta e male. La città è come esplosa in mille schegge. A fare da collante, urbanistico e sociale, è un luogo che si chiama Predda Niedda (Pietra Nera, tradotto in italiano), un tempo coperto di uliveti e ora occupato dai grandi centri commerciali. Ai vicoli medievali e alle piazze e ai corsi della Sassari umbertina, s’è sostituito un mostro segnato, nelle forme, nei tempi, nelle pratiche di vita, dal dominio anonimo delle merci.

La sera, sino al tramonto, i vicoli intorno al campanile di San Donato si riempiono delle voci dei ragazzini che giocano per strada. Li guardi correre e ti chiedi che cosa Sassari farà di loro.