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Il culto di Slawenski per J. D. Salinger, asceta del mondo effimero

Il culto di Slawenski  per J. D. Salinger, asceta del mondo effimeroJ.D.Salinger

Un dettaglio bizzarro lega Mark Chapman, l’uomo che l’8 dicembre 1980 uccise John Lennon davanti ai Dakota Apartments di New York, a John Hinckley Jr, che meno di quattro mesi […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 21 aprile 2019

Un dettaglio bizzarro lega Mark Chapman, l’uomo che l’8 dicembre 1980 uccise John Lennon davanti ai Dakota Apartments di New York, a John Hinckley Jr, che meno di quattro mesi dopo attentò senza successo alla vita del presidente Ronald Reagan. Entrambi erano dei grandi ammiratori del capolavoro di J. D. Salinger, Il giovane Holden, probabilmente il più influente romanzo di formazione statunitense della seconda metà del XX secolo insieme a Sulla strada di Jack Kerouac. Nel caso di Chapman, l’apprezzamento sfociò in una vera e propria mitomania: il ragazzo credeva di essere una reincarnazione del protagonista, e identificò nell’ex-Beatle una possibile minaccia a questa delirante auto-investitura messianica. Dopo aver ripercorso le tappe di Holden a New York, Chapman esplose i quattro colpi letali per poi sedersi tranquillamente sul marciapiede, immergendosi nell’ennesima rilettura della sua bibbia personale.

Questa e numerose altre notizie si trovano nella biografia di Kenneth Slawenski, Salinger La vera storia di un genio (traduzione di Nello Giugliano e Giulio Lupieri, Newton & Compton, pp. 428, € 14,90), bestseller pubblicato per la prima volta nel 2010. L’indagine di Slawenski, che aveva già inaugurato il suo Dead Caulfields, forse la più completa raccolta di informazioni sulla vita e l’opera di Salinger presente sul web, è il frutto di una passione divorante per lo scrittore, piuttosto evidente nelle frequenti, pericolose virate in direzione di un’agiografia laica. È certo difficile sfuggire alla tentazione di mitizzare un personaggio tanto sfuggente; la reclusione che l’autore si impose via via che aumentava il suo successo contribuì tanto a disegnare una aura di mistero attorno alla sua vita quanto alla parallela tendenza da parte della critica e del pubblico a cercare nell’opera le tracce dell’uomo che tanto ostinatamente si negava.

Anche Slawenski si prodiga in un minuto lavoro di connessione tra l’esistenza di Salinger e i suoi scritti, cercando spesso appigli testuali in grado di illuminare gli aspetti più incerti o controversi della vita. Il tentativo, già di per sé pericoloso, di ritrovare la biografia di un autore all’interno della sua opera, è doppiamente azzardato nel caso dell’enigmatico e tortuoso Salinger, del quale tuttavia questa biografia ha il merito di fornire anche una piccola, informata introduzione all’opera, evitando così il rischio di trasformarsi in un esercizio prettamente voyeuristico. Da I giovani, primo racconto pubblicato grazie all’interessamento del suo professore di scrittura creativa alla Columbia, fino a Hapworth 16, 1924, apparso nel 1965 e a oggi ultimo lavoro dato alle stampe dall’autore, il libro di Slawenski è prima di tutto il tributo a un uomo che ha consacrato la sua intera esistenza al rigore della scrittura e a un suo esercizio pressoché monastico, finalizzato anche a un risveglio spirituale.

Ne risulta il ritratto sfaccettato di un uomo complesso e non di rado aspro. Fervente asceta inesorabilmente attratto dall’universo mondano, padre e marito a volte amorevole altre volte distratto e anaffettivo, uomo entusiasta ma anche paranoico e depresso, Salinger esibisce contraddizioni inconciliabili, resistenti allo sguardo tendenzialmente deferente di questa biografia, che è comunque un documento di notevole interesse.

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