È il primo atto del nuovo Consiglio superiore della magistratura, ancora orfano di un consigliere dal momento che la candidata del ministro della giustizia si è scoperta senza i requisiti (e annuncia ricorso). Non è un documento ufficiale perché deve essere votato oggi dal plenum, ma è già una bocciatura secca che colpisce proprio il ministro Orlando. Il suo decreto di riforma del processo civile è all’esame della commissione in senato, in prima lettura, e dev’essere convertito entro il 10 novembre: il parere del Csm è dunque urgente. La proposta della sesta commissione al plenum è molto dura: il provvedimento del governo non aumenterà l’efficienza della giustizia civile e rischia persino di essere incostituzionale.

09pol2f02 Andrea Orlando
C’è imbarazzo al Csm, un consiglio che nelle intenzioni del capo dello stato che lo presiede dovrebbe prendere atto della «non rinviabilità della riforma della giustizia» e della necessità di una «leale collaborazione» con il guardasigilli. E invece questo Consiglio cui si guardava per superare il ventennio di scontro tra politica e giustizia esordisce con un’accusa al governo di incostituzionalità. Mentre proprio Napolitano raccomanda da anni che i pareri del Csm «non possano sfociare in un improprio vaglio di costituzionalità e non possano interferire nel confronto parlamentare già in atto sui contenuti del provvedimento». E così il vicepresidente del Consiglio, il da poco ex sottosegretario Legnini, raccomanda ai consiglieri di non diffondere il testo – provvisorio – del parere, e precisa che siamo di fronte a «una semplice proposta che può essere modificata dal plenum» assicurando che «sulle riforme vogliamo avere un atteggiamento costruttivo». Lo stesso invito arriva contemporaneamente dal neo responsabile giustizia del Pd, Ermini: «Auspichiamo un parere costruttivo e collaborativo». Mentre il ministro Orlando diplomaticamente aspetta il plenum e nel frattempo si dice «sicuro che il rapporto di collaborazione costruttiva richiamato da Legnini si possa sviluppare».

Ma il documento di 80 pagine redatto dalla sesta commissione del Csm dice tutt’altro. Dice che gli obiettivi del governo di ridurre il contenzioso e i tempi della giustizia sono «apprezzabili», ma il decreto annunciato a giugno e presentato a settembre da Orlando non è «idoneo ad assicurare un reale incremento dell’efficienza del sistema giustizia» né a «determinare un’effettiva riduzione dell’arretrato e un’accelerazione dei processi». Dice anche che «la scelta di intervenire con decreto legge comporta delicati profili di compatibilità costituzionale» visto che introduce una «rilevante riforma ordinamentale» con uno strumento «che il costituente non ha predisposto per tale finalità», bensì com’è noto per provvedimenti straordinari e urgenti. Tra gli aspetti criticati dalla commissione anche la riduzione delle ferie dei magistrati (da 45 a 30 giorni) che rischia di essere «persino controproducente» rispetto all’obiettivo di ridurre i tempi della giustizia, visto che molti magistrati tradizionalmente dedicano parte delle ferie al lavoro arretrato. Il documento sarà presentato oggi al plenum dal presidente della sesta, il giudice di Magistratura democratica Piergiorgio Morosini. È stato approvato all’unanimità in commissione, quindi con il voto favorevole dei due “laici” in quota maggioranza Fanfani (Pd) e Balduzzi (Scelta civica) e di tre togati conservatori, Spina, Palamara (Unicost) e Galoppi (che è di Magistratura indipendente ma non era tra i favoriti di Cosimo Ferri, l’ex leader della corrente che adesso da sottosegretario sta portando avanti proprio il decreto Orlando in commissione).

Le critiche del Csm al governo somigliano molto a quelle che giusto ieri l’Associazione nazionale magistrati ha ripetuto facendo evidentemente il verso alle strategie comunicative del presidente del Consiglio. Una galleria di slide sul sito dell’Anm ricorda che i magistrati italiani sono considerati tra i più produttivi in Europa. E spiega perché la riforma della giustizia del governo Renzi, a parere dei magistrati, non migliorerà l’efficacia della giustizia civile né di quella penale. In questo caso il commento di Orlando è un po’ meno conciliante: «Forse l’Anm non è al corrente delle modifiche che sono state approvate in commissione».