Il problema è la domanda interna e la rarefazione degli investimenti produttivi, non solo la guerra dei dazi e le tensioni che penalizzano un paese esportatore come l’Italia. È quello che emerge dai dati sulla produzione industriale ad aprile diffusi ieri dall’Istat che permettono di fare ordine nella costante confusione realizzata dal governo Lega-Cinque Stelle. Lo scopo di quest’ultimo è occultare la duplice dinamica che ha provocato lo spettacolare rallentamento di un’economia che, solo un anno fa, era accreditata di una crescita che sfiorava l’1,5 per cento del Pil. In un solo anno il governo è stato costretto a ridimensionare in maniera decisa le proprie stime verso lo zero (+0,1%, per il momento). La revisione è stata talmente vigorosa da spingere a rivedere nell’aprile scorso con l’aggiornamento del Def i valori stabiliti solo nel dicembre scorso e votati alla cieca dal parlamento. A quel punto si è determinata una convergenza con le stime della Commissione Europea, perlomeno sulla crescita del Pil e l’aumento del debito pubblico: il 133,7% nel 2019, il 135,2% nel 2020. Sul deficit dato da Bruxelles al 2,5% nel 2019 e al 3,5% del Pil nel 2020, c’è una divergenza macroscopica. Il ministro dell’economia Tria punta invece a fissarlo tra il 2,1 e il 2,2 per cento.

Ma è la dinamica di questo calo drastico a restare ancora poco indagata. Non l’ha vista il governo targato Pd, non l’ha vista la Commissione Ue, tanto meno l’esecutivo in carica. L’inversione è avvenuta a partire dalla metà dell’anno scorso. Ora è possibile individuare le cause nel settore manifatturiero, e in particolare nell’industria dell’automobile che, insieme a quello edilizio, è considerata la principale antenna che recepisce i segnali di rilancio o di depressione molto prima degli altri.
I dati sulla produzione industriale ad aprile registrano l’entrata nel secondo trimestre dell’anno. L’indice ha registrato un crollo impressionante. 0,7% ad aprile rispetto a marzo. Il calo e’ superiore alle attese che indicavano una contrazione dello 0,4% anche se resta positivo (+0,7%) il saldo del trimestre febbraio-aprile. A mandare in rosso i saldi è stata l’industria dell’auto. Ad aprile, rispetto ad un anno prima, c’è un taglio della produzione del 17,1%. Nei primi quattro mesi del 2019 la contrazione cumulata arriva al 14,7%. Il crollo si è portato dietro il segno negativo in altri settori decisivi: dai prodotti petroliferi (-7,4%) all’industria tessile (-8,2%), dalla meccanica (-6,2%) all’auto (-6,1%). Resistono al momento solo l’energia elettrica, il gas (+5,8%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+4,9%) che contrastano la dinamica negativa con una crescita sostenuta. Al di là delle cifre, la conferma materiale di questa crisi evidente nella produzione industriale viene dall’aumento stratosferico della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività: +78 per cento. Ad oggi solo le crisi giunte ai tavoli del ministero dello sviluppo di Di Maio riguardano 200 mila lavoratori. Davanti al moltiplicarsi di questi segnali il governo ha mostrato fino ad oggi un senso di impotenza.