Qui al cohousing Ernesto ci versa il caffè seduti intorno al tavolo. E’un Natale triste per Anna e Carlo. Ci parlano della loro crisi di coppia, della decisione di separarsi, del dolore di tutto questo, di quello di Emma, la loro bimba di 10 anni, e della decisione di andarsene entrambi via dal cohousing, lui alla ricerca della sua identità e lei perché non reggerebbe i ricordi di vita insieme qui.

Hanno abitato finora l’alloggio all’ultimo piano, con le finestre che vedono, nei mattini limpidi, il Monviso. Hanno sempre partecipato alla vita del cohousing, alle feste, alle riunioni. Li guardiamo, loro, che hanno creduto nella famiglia, nel vivere con altri, nel vivere in campagna, e che il loro amore durasse per sempre. E lui in pianto le dice che non smetterà mai di amarla, che è come prima, e lei con gli occhi velati, guarda in basso, impassibile: non capisce, non è possibile.

E’ da tempo che Carlo ci pensa. Non sa più chi è, ha bisogno di ritrovarsi: il suo tempo, spazio, i viaggi. Ne parliamo. La crisi non è determinata da un altro amore o dal carico recente di Anna che si occupa della madre inferma, né dal cambiamento di lavoro di Carlo. Carlo è portatore di una crisi più ampia, che sentiamo anche noi. E’ la crisi del “Noi “. L’affermazione della soggettività è stata una grande conquista della modernità, della dignità della persona come soggetto di diritti, una rivoluzione culturale da difendere. Ma con la globalizzazione è nato un nuovo individualismo: l’individuo iper-moderno, concentrato sul sé, sul proprio tornaconto e godimento personale che porta all’indebolimento dei legami, alla perdita di senso delle relazioni.

E la famiglia, luogo di sicurezza e sostegno da sempre, è diventata crocevia di fragilità. E’una crisi della socialità, di tante forme comunitarie. Piero Amerio, professore di psicologia sociale, analizza questa crisi della solidarietà in un mondo globalizzato e disunito, nel libro “Vivere insieme. Comunità e relazioni nella società globale.” (Bologna, 2017).

Anche Monsignor Vincenzo Paglia, nel libro “Il crollo del Noi” (Bari, 2017), descrive una società di individui, gli uni accanto agli altri, senza la passione di sognare “in grande”, una cultura individualista che penalizza il più debole. E ci troviamo così a subire una “individualizzazione” che ci rende soli e smarriti. E ne parliamo sino a notte fonda. Il dialogo ci aiuta a fare chiarezza. Olga, citando Mons. Paglia, dritta negli occhi a Carlo, gli dice:” smetti di chiederti: “chi sono”, e prova a chiederti: “per chi, sono io?”.

Domanda che apre a nuove forme di vicinanza, e forse anche a speranza, per Anna e Carlo.