Durante l’ultimo Torino Film Festival ho visto «Cristallo», un cortometraggio diretto dalla regista Manuela Tempesta. L’hanno proiettato nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il corto è carino, come tutti i corti. Ogni volta che ne vedo uno penso che mi piacerebbe vederne molti di più. È come un aperitivo, una mandorla tostata e salata, ti fa venire sete, ti stuzzica il palato e ti fa apprezzare di più il Mojito che berrai dopo. «Cristallo» parla di una giovane donna che non riesce ad allontanarsi dal compagno che la picchia. Questo è il sunto. Cioè: scegliamo noi, donne e uomini, sempre e comunque il nostro destino. Il tema è attualissimo e ingiudicabile. Al femminicidio si associano diversi concetti e parole. Rispetto, denuncia, difesa. Mille altre ancora. Tutte fondamentali.
Quanto è fondamentale costruire il percorso protetto in cui una donna possa rifugiarsi, denunciare, riprendersi la vita. E quanto è imprescindibile che ci sia una legge reale in sua difesa. Ragiono sulle cause. Milioni. Quella fondamentale però è una: la paura. Il dolore, la rabbia, la frustrazione di un essere umano, che entra in risonanza- attenzione con questo non dico e non sto scrivendo che la COLPA è di entrambi- con lo stato vitale altrettanto malato e disperato che permette in qualche modo che quella violenza lo tocchi. Questa è un’umanità malata, afflitta da nefandezze in cui faticosamente sopravvive. È un’umanità sottoposta da subito, dall’infanzia, a metodiche di difesa, abituata a stare dietro facciate all’apparenza migliori della propria natura. Questa umanità non sa vivere. E mi ricollego al cinema. A David Linch. Ha ragione a proporre la meditazione trascendentale nelle scuole, perché ciò che manca è uno strumento. Un mezzo che permetta a ogni essere umano di trasformare ciò che il buddismo definisce come la propria Oscurità Fondamentale. Un buco nero, tanto vicino alla morte. Quella voragine di collera, violenza, incapacità di esistere e immancabile ricerca di un capro espiatorio. Ho bisogno di incolpare qualcuno della mia frustrazione. Eccomi dice la vittima, rispondendo con quello stesso terrore vestito solamente da un abito differente. La meditazione, la trascendenza del dolore, il riuscire a prenderlo tra le mani, superarlo. Questo è ciò di cui ha bisogno l’umanità oggi. E ne ha bisogno subito. Perché le prove arrivano e più sono toste e violente e più è importante essere capaci di aprire le mani e riuscire a contenerlo questo male. E cambiarlo. E cambiare noi. Proprio attraverso di lui.