Prende a prestito una celebre battuta di Natale in casa Cupiello per esprimere la sua opinione sulla grande opera che agita i sonni dei suoi concittadini, Diego de Silva. «Sono nella condizione di non poter dire nun me piace ‘o presepe perché il presepe ancora non c’è», dice con Eduardo de Filippo. Lo scrittore di Certi bambini e Mia suocera beve, ultimo lavoro pubblicato Arrangiati, Malinconico (l’avvocato precario e un po’ sfigato che è il protagonista di molti suoi libri), salernitano doc «anche se ormai vivo quasi stabilmente a Roma», a differenza dei tanti contestatori non riesce a farsi un’idea compiuta dell’edificio con la piazza a forma di mezzaluna progettato dall’archistar Ricardo Bofill che domina il lungomare cittadino, chiudendo la vista sulla Costiera amalfitana. «Davanti a un’opera finita puoi farti un’idea, dire se è bella o brutta. Ma se rimane un cantiere aperto no. L’incompiutezza abbassa la qualità delle aspettative. Così è solo un pugno in un occhio», spiega.
Nel frattempo, il Crescent è bloccato e, conoscendo i tempi della giustizia italiana, rischia di rimanere così a lungo. Senza essere ultimato e neppure abbattuto come vorrebbero molti ambientalisti. Qui a Salerno tutti ricordano l’esempio del Fuenti, il mega-albergo costruito su una scogliera di tufo a Vietri sul Mare: per demolirlo ci sono voluti quarant’anni.
L’idea dell’incompiuto è quasi peggio del compiuto. Preferirei vedere i lavori conclusi per esprimere una valutazione oggettiva. Così non è possibile. Credo che un’opera del genere vada valutata in maniera differente da altre, ci vuole del tempo per valutarne l’impatto sull’architettura della città.
Insomma, bisogna farci un po’ l’occhio. Ma le stesse proteste non ci sono state per la Stazione Marittima di Zaha Hadid, che si intravvede proprio dietro il Crescent. Come mai?
La conca rovesciata di Zaha Hadid ha una sua bellezza, a differenza del Crescent. È un’opera molto più sobria.
In entrambi i casi, stiamo parlando della coda di una stagione politica legata a una figura tanto amata quanto avversata e controversa: Vincenzo de Luca. Il sindaco che ha tirato fuori la città dagli anni bui di Tangentopoli e l’ha trasformata, puntando innanzitutto sulla rigenerazione urbana, a partire dal piano regolatore affidato a Oriol Bohigas. Ora l’impressione è che proprio la sua grandeur gli si ritorca contro.
Non si può negare che De Luca abbia lavorato ad ampio raggio sulla città. Credo che, comunque la si pensi sul personaggio, non si possa non riconoscergli un merito: quello di essere partito dalle periferie. De Luca ha restituito alla vivibilità quartieri che erano degradati. Basti pensare al parco di Mercatello (un’area di verde attrezzato che ha contribuito a riqualificare uno dei rioni più popolari della città, ndr). In questo è stato coerente con le sue origini politiche, che affondano le radici nel Pci. Perciò in città ha un consenso così trasversale.
Allo stesso tempo è però considerato il padre-padrone di Salerno. Anche grazie a una legge, quella che consegna ai sindaci una maggioranza a prova di scossoni, che gli ha fornito un ampio margine di manovra.
Credo che quella sull’elezione diretta dei sindaci sia stata la riforma che ha avuto le ricadute dirette più sensibili sulla vita dei cittadini. Forse è l’unica, tra le tante annunciate o realizzate. La mia opinione è che essa un effetto positivo lo abbia avuto: quello che finalmente te la puoi prendere con qualcuno, puoi dire De Luca ha fatto bene o ha fatto male. Si tratta di un paradosso democratico, ma il fatto di poter individuare un bersaglio è una libertà in più che oggi noi cittadini abbiamo rispetto al passato.