È stata una vera e propria doccia fredda per il Cremlino il riconoscimento di Juan Guaidó a presidente a interim del Venezuela da parte di molte capitali del Vecchio Continente, dopo che Mosca aveva lavorato alacremente per tutto il fine settimana per giungere a una mediazione internazionale che sbloccasse la crisi. In particolare sembravano trovare credito le iniziative di Messico e Uruguay per coinvolgere tutti i partiti del paese e a cui i russi avevano dato un convinto semaforo verde.

Ieri mattina una prima reazione alla mossa dei paesi Ue, è arrivata direttamente dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Qualsiasi soluzione alla crisi politica interna del Venezuela è possibile facendo decidere i venezuelani stessi. Secondo noi, tentare di legittimare un tentativo di usurpazione della presidenza è un’interferenza diretta e indiretta negli affari interni del Venezuela», dichiarava ieri Peskov.

Il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov è altresì convinto che l’Unione europea voglia arrivare a una propria soluzione della crisi anticipando la diplomazia americana, ma senza tenere conto di tutti gli attori in campo. «La volontà della Ue di assumere un ruolo guida nella mediazione è chiara, ma non vuole mediare sulla richiesta di nuove elezioni presidenziali immediate che viene dall’opposizione: questo si chiama ultimatum e non tentativo di trovare un comune denominatore».

I vertici russi sanno bene che la società venezuelana è spaccata in due campi contrapposti e conoscono anche i limiti della presidenza Maduro. Però vorrebbero una soluzione ordinata della crisi che garantisca gli interessi russi nel paese e non trasformi l’eventuale passaggio di consegne del potere in un’umiliazione, se non addirittura in una persecuzione, del suo migliore alleato in America.

«L’Unione europea afferma che le elezioni che hanno portato al secondo mandato del presidente Nicolas Maduro erano illegittime, ma perché è stata zitta da maggio 2018, quando si sono svolte le elezioni?», ha incalzato Lavrov.

Mosca, che ha già convinto il presidente Maduro a trattare (e infatti, al di là dei proclami, il presidente bolivariano qualche apertura l’ha fatta) ora teme di restare fuori dai giochi. Perorando ancora la via del compromesso: «Più che i diktat servirebbe che tutti coloro che sono interessati a risolvere la crisi in Venezuela si incontrassero e si parlassero, americani e cinesi compresi», ha concluso il ministro russo.