La gravità del reato, una bancarotta aggravata di più di 100 milioni di euro nel crack del Credito cooperativo fiorentino, obbliga Denis Verdini alla detenzione in carcere almeno per i prossimi sei mesi. Solo l’8 maggio prossimo, quando l’ex potente coordinatore del Pdl berlusconiano compirà 70 anni, i suoi difensori potranno chiedere e ottenere la misura cautelare ai domiciliari, dove dovrà scontare quantomeno una parte della condanna a 6 anni e mezzo decisa ieri dalla Cassazione. “Non attenderà alcun provvedimento – aveva anticipato l’avvocato Franco Coppi – affronterà la situazione e si costituirà in carcere. E’ un uomo molto forte e molto coraggioso, e quindi pensiamo che saprà affrontare virilmente questa prova”. In serata infatti Verdini si è presentato nel carcere romano di Rebibbia.
Il redde rationem è arrivato a dieci anni di distanza dal commissariamento del piccolo istituto di credito di Campi Bisenzio, dell’hinterland fiorentino. Una decisione presa da Bankitalia dopo che, nell’ultimo bilancio della banca, ai soci del Ccf era stata illustrata l’esistenza di 74,5 milioni di crediti deteriorati, mentre l’importo reale calcolato dai commissari oscillava fra i 125,8 e i 175,5 milioni. Decisamente troppi per un istituto con solo una manciata di filiali in provincia di Firenze, e di cui Verdini era stato presidente, e incontrastato dominus, per venti lunghi anni. Con una gestione patologica a vantaggio di società e persone fisiche, a lui legate, che erano già molto indebitate verso il sistema bancario.
Dopo la liquidazione coatta amministrativa, il Credito cooperativo venne inglobato da Chianti Banca. Intanto però gli investigatori della procura fiorentina e i pm Luca Turco e Giuseppina Mione, che fin dal 2008 avevano puntato un faro sui disinvolti affari di Verdini, avevano finito per accusare l’allora braccio destro di Silvio Berlusconi di tutta una serie di reati. Compresa la truffa ai danni dello Stato per i finanziamenti ricevuti dai giornali locali del suo gruppo editoriale.
Sia nel processo di primo grado, chiuso con una condanna a 9 anni, che in quello di appello nel 2018, dove la pena era stata ridotta 6 anni e 10 mesi per alcune prescrizioni, l’impianto della pubblica accusa aveva retto alla prova del dibattimento. In Cassazione il pg Pasquale Fimiani aveva chiesto l’annullamento della condanna e un nuovo processo per l’ormai ex senatore. Ma il collegio della Quinta sezione penale, presieduto da Paolo Antonio Bruno, ha invece ritenuto che ci fossero gli elementi per confermare il verdetto di secondo grado. Estinguendo per prescrizione solo la parte della condanna, pari a quattro mesi, per le annate più recenti della truffa sui fondi dell’editoria.
Alla “grande delusione” del penalista Franco Coppi si accoppiano le dichiarazioni di solidarietà di forzisti ed ex forzisti: “Non sarà una sentenza a cambiare il mio giudizio su Denis Verdini – commenta Mariastella Gelmini, capogruppo di Fi alla Camera – un uomo di valore e un politico capace, grande organizzatore del nostro movimento di cui è stato per anni un motore e un elemento di equilibrio”. Mentre Fabrizio Cicchitto accusa la magistratura di usare “due pesi e due misure”, e Renato Brunetta con Marcello Pera parlano di “palese accanimento” giudiziario. Daniela Santanché andrà a trovarlo “perché l’amicizia è un valore importante, che non rinnego”. Infine Gianfranco Rotondi osserva: “Sono addolorato per la condanna di Verdini. Nasce da una sua vicenda privata e professionale. Come politico è stato sempre onesto e disinteressato, ed è giusto dirlo in una giornata come questa”.