Nelle ultime 24 ore i nuovi casi positivi al coronavirus sono stati oltre 5.300, ai livelli più alti degli ultimi due mesi. Fortunatamente, i decessi rimangono a quota 33, nella media delle ultime settimane. Ma adesso anche il monitoraggio settimanale della cabina di regia sancisce il ritorno del virus. L’incidenza è in aumento, risalita a 46 nuovi casi su centomila abitanti in sette giorni dai 39 della scorsa settimana. Si avvicina così alla soglia dei 50 casi oltre la quale il sistema di tracciamento dei focolai non tiene il passo del virus. L’incidenza più alta si registra tra i giovanissimi. «Dopo diverse settimane, i casi pediatrici cominciano a ricrescere, in particolare nella fascia di età 6-11 anni» spiega il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro commentando i dati epidemiologici più aggiornati.

ESPERTI E NON si interrogano sulle cause di questo aumento dei casi e le principali ipotesi sono tre: il forte aumento dei tamponi dopo l’introduzione dell’obbligo di green pass, il calo della protezione vaccinale o l’effettiva accelerazione del virus, che si sta verificando un po’ in tutte le aree d’Europa a noi limitrofe.

La prima ipotesi si può scartare subito. Il maggior numero di tamponi, infatti, porta alla luce soprattutto casi asintomatici che senza screening rimarrebbero nascosti. Invece, i dati dell’Iss mostrano che a crescere di più sono i casi sintomatici, passati dal 56 al 58% nelle ultime due settimane. In modo più analitico, lo conferma anche l’indice Rt, misurato sui soli casi sintomatici e salito a 0,96 nel periodo 6-19 ottobre. La stima più aggiornata, ma da verificare perché si basa sui dati dell’ultima settimana ancora incompleti (si chiama Rt-augmented, nel gergo dei tecnici), lo fissa già a 1,14 e ben al di sopra della soglia epidemica.

Anche l’ipotesi del calo della difesa dei vaccini va scartata. «Si conferma la protezione dei vaccini anche contro la variante delta per quanto riguarda il rischio di ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e decesso, superiore al 90%» spiega Brusaferro.

Eppure, i dati mostrano che anche negli ospedali le cose iniziano a peggiorare, sebbene non vi siano segnali di allarme riguardo alla saturazione dei reparti. Solo nelle Marche l’indice di occupazione dei posti letto in terapia intensiva è all’8,1%, non lontano dalla soglia del 10% che comporterebbe il passaggio in zona gialla e la reintroduzione delle restrizioni. A livello nazionale, tuttavia, l’indice Rt ospedaliero che misura l’evoluzione dei ricoveri è già salito a quota 1,13 e segnala una crescita dei pazienti ospedalizzati. Nel complesso, le evidenze suggeriscono dunque che in Italia la circolazione del virus sia tornata ad aumentare dopo molte settimane. Non è un fenomeno del tutto inaspettato: l’arrivo dei primi freddi porta tutti a trascorrere più tempo in luoghi chiusi, dai ristoranti alle scuole, dove il SARS-CoV-2 attacca più facilmente. «I vaccini stanno mostrando la loro straordinaria capacità nel proteggersi dalla malattia grave e bisogna continuare a tenere dei comportamenti prudenti come l’uso delle mascherine nei luoghi chiusi», è la sintesi del dg della prevenzione al ministero della salute Gianni Rezza. Anche un anno fa, proprio in queste settimane, l’Italia era alle prese con un focolaio in crescita esponenziale, che toccò il picco a metà novembre.

ANCHE SE I VACCINI modificano il quadro rispetto ad allora, il virus gode ancora di un abbondante spazio di manovra. Innanzitutto, anche i vaccinati possono trasmettere il contagio, anche se si ammalano più raramente.

Uno studio dell’Imperial College di Londra pubblicato sulla rivista The Lancet Infectious Diseases mostra che la probabilità di contrarre il Covid da un contatto domestico scende dal 38% al 25% grazie ai vaccini, ma rimane comunque significativa. Ci sono poi oltre tredici milioni di persone in Italia che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. E infatti tra le regioni con l’incidenza maggiore troviamo quelle dove le vaccinazioni sono più indietro. La provincia di Bolzano, la meno vaccinata d’Italia, ha 102 nuovi casi settimanali ogni centomila abitanti, oltre il doppio della media nazionale.

A Trieste, in una regione in cui solo due persone su tre hanno completato il ciclo vaccinale e teatro di diverse manifestazioni contro il green pass, l’incidenza è addirittura quadrupla (227) rispetto al resto d’Italia. Un simile focolaio però non si spiega solo con le vaccinazioni mancate, ma anche con i contatti più frequenti con le popolazioni di Croazia e Slovenia, dove il numero di casi positivi è oggi ai massimi storici dall’inizio della pandemia.