E anche questa volta i Conti tornano: ieri mattina un trionfante Giancarlo Leone ha snocciolato numeri, percentuali, share, picchi, auditel bulgari, twitter impazziti, trend topic come non mai, dopofestival da record. Questo Sanremo 2016 insomma cresce di giorno in giorno, come la consapevolezza che forse stiamo assistendo a qualche piccola, involontaria, «rivoluzione» a partire dal valletto-Garko, bello bello in modo assurdo che ribalta il ruolo, da sempre esclusiva al femminile, del corpo imbambolato in grado di leggere, malamente, soltanto il gobbo.

Tralasciando le trasparenze, non solo di look, di Madalina Ghenea e il plauso unanime al trasformismo di Virginia Raffaele (anche se un solo personaggio «tirato» per oltre tre ore forse è un pochino troppo), il vero ruolo «femminile» spetta proprio a Garko e pensare che, anni fa, calcava i palcoscenici di un altro teatro, il Piccolo di Milano, diretto da un certo Luca Ronconi in Quel che sapeva Maise mentre lo scorso anno, fra una fiction Mediaset e l’altra, prodotte dal flamboyant Alberto Tarallo, teneva testa a Charlotte Gainsbourg nel sottostimato Incompresa diretto da Asia Argento.

Ma il suo corpo «vallettizzato», inutili i tentativi di renderlo una decorazione pensante durante un’intervista stile Iene con Nino Frassics, non è l’unica sorpresa di un Festival che, scavando scavando, ribalta anche la convinzione di spettacolo per soli anzianotti nostalgici delle ugole di Claudio Villa: la fascia d’età 16-24 anni infatti supera le restanti, questo il dato «preoccupante» e sottilmente significativo di un interesse sempre maggiore delle nuove generazioni, oltre 500 mila cinguettii twitter soltanto durante la serata del mercoledì, e non a caso la scelta di far esibire i concorrenti di Sanremo Giovani a inizio serata si è rivelata fruttuosa, nonostante un ingiusto meccanismo di sfida a eliminazione diretta fra i cantanti. Sullo spettacolo «puro« dei big in gara, i soliti pochi brividi, la conferma della classe imperitura di Patty Pravo e di Elio e le Storie Tese e la sorpresa di un talento in piena crescita come quello di Francesca Michielin.

Risolto il mistero, degno di un Chi l’ha visto, del maestro Vessicchio, apparso in forma dopo numerosi (e scherzosi) appelli sul web, anche grazie al suo papillon arcobaleno, lo spettacolo è scivolato fra super ospiti di plastica, una Nicole Kidman straniata e straniante, e momenti di pura magia come il pianoforte di Ezio Bosso oltre all’oramai immancabile rainbow che nella seconda serata ha visto una moltiplicazione di nastri e coccarde.

Siamo a Sanremo, niente politica (memori dei fischi rivolti al Maurizio Crozza che, qualche anno, fa scendeva le scale dell’Ariston nei panni di Berlusconi) ma, a partire da Eros Ramazzotti, che durante un medley composto da Adesso tu, Una storia importante, Più bella cosa e Terra promessa (grande entusiasmo e tifo da stadio in sala stampa), ha brandito il rainbow per poi dichiarare «I figli fanno famiglia, e la famiglia è fondamentale, qualsiasi essa sia», nella seconda serata il simbolo per i diritti civili è stato indossato in varie forme, praticamente da tutti i cantanti persino da alcuni colleghi della sala stampa.

L’Ariston dunque «vota» la Cirinnà, senza urli o proclami, e lo stesso direttore RAI Antonio Campo Dall’Orto ha difeso la scelta dei cantanti dichiarando: «Alcune persone hanno espresso la loro opinione, ma Conti e tutti coloro che hanno lavorato sono riusciti a tenere tutto questo in un ambito di assoluta serenità e leggerezza, una leggerezza non banale, fortemente premiata dal pubblico».