Spazia nel mondo della performance, delle arti visivi, della danza, del teatro, intrecciando discipline e generi. È un esploratore del movimento in ogni sua forma, uno studioso della percezione, delle tecniche e delle pratiche del corpo. È Alessandro Sciarroni, classe 1976, primo artista italiano che riceverà il Leone d’oro alla carriera per la danza alla Biennale di Venezia. La cerimonia è prevista il 21 giugno in apertura della 13ª edizione del Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale diretto da Marie Chouinard nella quale verrà assegnato anche il Leone d’argento ai francesi Steven Michel e Théo Mercier e dove Sciarroni presenterà Your Girl e il suo ultimo lavoro, Augusto.

Una scena da Folks, foto di Andrea Macchia

UN RICONOSCIMENTO che conferma la rotta presa riguardo al Leone d’oro da Chouinard a partire dalla scelta 2018 di Meg Stuart: puntare su un artista nel pieno del suo percorso creativo, plaudendo un cammino in sviluppo. L’assegnazione, decisa dal Cda della Biennale presieduta da Paolo Baratta con Chouinard, così è motivata: «Sciarroni è un coreografo italiano che crea in risonanza con l’arte della performance. È il direttore d’orchestra dei danzatori e di tutti coloro che, provenienti da diverse discipline, invita a partecipare ai suoi progetti. Costruisce dei concentrati di vita al limite dell’ossessione disponendoli attorno a eventi scelti delle nostre vite fragili e ordinarie. Mette in scena i nostri corpi quotidiani in uno spazio che amplifica l’insistenza a trovare la falla che ci addolcirà e solleverà».

FRAGILITA’ e scoperta di un territorio di condivisione tra interpreti e pubblico vivono nei titoli di Sciarroni. Come nell’ipnotico Aurora con ipovedenti e non vedenti, visto in Biennale, o nei tanti progetti sull’azione del turning in cui la ripetizione del movimento trascina in un tempo sospeso al di là dell’ordinario: visioni che, confermando la chiusa della motivazione, rendono partecipe lo spettatore di uno stato finale di levità. In Sciarroni il movimento respira con un andamento di trance, a volte sottile, a volte focoso, senz’altro laico, in cui il corpo danzante, come ci disse proprio a Venezia «cerca di tradurre la stessa energia, lo stesso mistero dell’universo. Quell’enorme mistero di cui in effetti non sappiamo nulla».