Una danza generosa, frutto di un lavoro appassionato sul linguaggio del corpo e sulla coreografia scorre nel sangue di Roberto Zappalà, direttore a Catania da ventotto anni della compagnia Zappalà Danza e dal 2002 di Scenario Pubblico, luogo di riferimento per l’arte coreutica riconosciuto nel 2015 dal Mibact Centro nazionale di produzione della danza.
La sua ultima creazione, Liederduett (due episodi su Caino e Abele), su musica originale di Pierpaolo Cimino e su alcuni Lieder di Schubert eseguiti dal vivo dal pianista Luca Ballerini e dal controtenore Riccardo Angelo Strano, ha debuttato in prima assoluta a Bolzano Danza Festival. Replicherà a Catania dal 27 al 30 settembre, tappa del progetto Transiti Humanitatis.

Come nei precedenti Corpo a Corpo (a MilanOltre il 10 ottobre) e Come le ali dei quali il nuovo spettacolo è un’ardita sintesi, Liederduett usa le figure simboliche di Caino e Abele in relazione a una curiosa domanda ipotetica: senza quel primo fratricidio avremmo avuto un’umanità meno violenta?
Interpretata con vigore da Gaetano Montecasino e Fernando Roldan Ferrer, la prima sezione è la lotta istintiva, viscerale: non si sa chi rappresenti Caino, chi Abele, le parole dette dai due danzatori mischiano le figure simboliche, proiettandoci con terrena ruvidità nella vita reale dove il male e il bene non sono mai separabili da una punta di coltello. L’utopia governa a contrasto la seconda parte con Adriano Coletta e Filippo Domini interpreti graffianti del raggiungimento dell’armonia sui Lieder di Schubert. Un’occasione, Liederduett, per iniziare con Zappalà una conversazione proseguita in questi giorni sulle attività di Scenario Pubblico. 

Quale il bilancio del primo triennio come Centro nazionale di produzione della danza?
Nel 2015 sono stati riconosciuti dal Mibact i primi Centri nazionali, noi, la Fondazione nazionale della nanza di Reggio Emilia, l’Associazione Compagnia Virgilio Sieni Danza di Firenze, ai quali si è aggiunto quest’anno Contart di Milano. Il bilancio per quanto ci riguarda è positivo: siamo passati in tre anni da 19 performance ospiti a 40, da 70 abbonati a 170, per la stagione 2018/2019, intitolata ECO, prevediamo di arrivare a 200, le repliche sono 45, ma alcune sono per forza di cose performance in fase di ampliamento. Va fatta però qualche considerazione. I Centri in Italia producono, ospitano e programmano, ma la richiesta da parte del ministero di un alto numero di spettacoli ospiti non è proporzionata alle possibilità economiche effettive e condiziona le scelte. Molti assoli e duetti, pochi spettacoli con tanti danzatori. Catania è una città da un milione di abitanti, non siamo Parigi o New York, se penso poi a città più piccole come Reggio Emilia… È necessario questo eccesso di proposte? La situazione ha inoltre fatto sì che si siano abbassati notevolmente i rapporti economici tra le parti. Spettacoli come Liederduett, con musica dal vivo, o come La Nona, che ha tanti danzatori, sono difficili da far girare. Quanti festival li possono sostenere senza chiedere di abbassare il cachet? Pochissimi. Da parte mia se devo ospitare a Scenario 40 spettacoli a stagione e il mio spazio, che è piccolo, non può avere più di 300 spettatori per due sere, mi ritrovo a poter offrire a una compagnia un compenso che può arrivare al massimo ai 7000 euro per due repliche. Non è poco per alcuni, ma per altri è improponibile. Non sarebbe meglio poter fare meno repliche, così da avere più scelta, più selezione, compensi adeguati al lavoro?

Quali sono i finanziamenti statali di Scenario Pubblico?
Prima di diventare Centro nazionale di produzione, Scenario Pubblico prendeva dal Fus 35.000 euro per le attività di ospitalità, la Compagnia 185.000 euro. Nel 2015, con il riconoscimento a Centro di produzione, la somma complessiva si è alzata di circa 50.0000 euro: ora siamo circa a 320.000,00, quindi in tutto circa 50,000 euro in più rispetto al 2015, ma sempre da dividere tra Compagnia e Scenario con attività di festival, spettacoli in abbonamento e non, workshop di formazione, incontri, residenze e produzione.

Cosa le interessa della danza di oggi?
Il nostro è un centro di produzione diretto da un coreografo. Io ho il mio linguaggio, ma a Scenario voglio dare una visione ampia della contemporaneità. Sono alla ricerca di coreografi con una cura speciale per il linguaggio del corpo: facciamo parte del network europeo Danse qui Danse che promuove artisti per i quali la ricerca sul movimento di danza ha un valore prioritario. Questo si riflette anche sulla scelta dei giovani autori: come direttore artistico ho il compito di aiutarli a trovare il loro linguaggio, ma perché ci riescano, al di là di intellettualismi e maglie larghe di sostegno, ci vuole tempo e lavoro. Gli artisti vanno scelti, seguiti. Ho individuato un giovane su cui penso si possa scommettere, ma non voglio ancora dire chi è. Nemmeno lui/lei lo sa. Capiremo più avanti se ci ho visto giusto.

Questa settimana il nuovo ministro Bonisoli ha incontrato le commissioni musica, teatro, danza, circo e spettacoli viaggianti, dimostrando l’interesse ad avviare una revisione della normativa di settore. Che messaggio vorrebbe mandargli?
Mi complimento con il ministro per le sue dichiarazioni rispetto al lavoro di chi lo ha preceduto sottolineando che diverse cose condivisibili sono state fatte in precedenza ma che d’altra parte è necessario aumentare le risorse economiche. Entrando più nel dettaglio credo sia indispensabile provare a cambiare la mentalità sui numeri. Più qualità e meno quantità ci permetterebbe di normalizzare i cachet oggi troppo al ribasso. Non mi è sembrata una buona scelta la regola del 5% come percentuale massima di aumento da dare rispetto all’anno precedente che il ministro Franceschini ha deciso di introdurre alla fine del suo mandato, è una regola da cambiare, appiattisce il livello qualitativo e non premia chi merita. Infine un occhio di riguardo al Sud.