Come raccontare una madre celebre che vuole abbandonare tutto, carta di credito, cellulare, casa, comodità, affetti e nascondersi al mondo? E come raccontarla con un film se lei, che è giornalista, accademica ed è stata la prima modella italiana conosciuta a livello internazionale, icona della moda anni Sessanta, adorata negli Usa, odia farsi riprendere? Beniamino Barrese ha affrontato questo dilemma con un film, La scomparsa di mia madre – in sala da oggi – che è un corpo a corpo verbale, di immagini e affettivo con sua madre, Benedetta Barzini.

Una figura con un cognome e una famiglia pesanti nel senso che sua madre era quella Giannalisa Gianzana che nel 1925 sposò in prime nozze il ricchissimo Carlo Feltrinelli, da cui nacque Giangiacomo, e nel 1940 il giornalista Luigi Barzini jr. da cui si separò nove anni dopo. Di lei Benedetta dice: «Era una donna con la mente consumata dalla ricchezza. È stata la grande tragedia della nostra vita. Quando a vent’anni mi hanno proposto di fare la modella è stato per me anche l’inizio della guarigione dall’anoressia perché per la prima volta nella vita qualcuno mi diceva ’Vogliamo te’. Però già allora avevo ben chiaro che quando mi truccavano, vestivano e mettevano in posa dicendomi ’Devine’ in realtà non si riferivano a me, ma al loro lavoro. Stavo in quel mondo dorato e nello stesso tempo ne restavo fuori, lo osservavo. Già sentivo che la bellezza non è un merito, e poi passa».

SU QUESTA distanza fra il sé interiore e l’apparire Benedetta Barzini ha poi costruito tutte le sue scelte che l’hanno portata a tenersi ogni ruga e a decidere a cinquant’anni di iniziare la dismissione dal mondo «Abitato – come dice – dall’orribile uomo bianco». Su questo distacco lei ha costruito il progetto di andarsene e sparire abbandonando tutto. Su questa frattura il figlio Beniamino Barrese ha montato un ritratto che segue senza riserve né edulcoramenti la quotidianità della madre e ne mostra le scelte estreme, come vivere senza riscaldamento e senza cucina, non usare la lavastoviglie, lavare la biancheria a mano, farsi la doccia quando capita, anche ogni due settimane, mandare a quel paese chi le pare, anche i figli, abituarsi a fare a meno delle medicine. «Perché – ci dice – là dove andrò non ci sarà nulla, non avrò soldi e vivrò di baratto». È una ruvidezza che vuole fare a pugni con il mondo che non sopporta e che nel film spesso si rovescia in modo impietoso sul figlio dicendogli: «Sei un piccolo borghese del cazzo. La tua domanda è senza senso. Basta con quella telecamera. Faccio questo film per te, non per me. Io odio l’immagine perchè l’obiettivo è il nemico. La mia persona non è fotografabile, ma dirti di no sarebbe stata una ferita a te e allora ho preferito ferire me».

SE LE COSE stanno così, perché fare questo film? Barrese, che incontriamo con la madre, dice: «Lei è forte, carismatica, ingombrante. Volevo riscattarla dalla schiaivtù dell’immagine che finora l’ha identificata con la modella bella, volevo rovesciare la ricerca dell’estetica vuota, volevo mostrare perché, con la vita che ha fatto, è così insoddisfatta e arrabbiata». Forse l’origine di una tale lacerazione è il «buco nero» nel quale il film non si spinge fino in fondo. Contrappone le scelte del presente alle immagini patinate del passato da modella, ma resta una domanda aperta:dov’è l’origine di questa frattura di donna spezzata? Possiamo immaginarlo basandoci sulle parole che la stessa Benedetta Barzini ha più volte detto di sua madre. Giannalisa Gianzana era una donna energica, nervosa, egocentrica, anaffettiva che l’ha fatta allevare da 17 signorine diverse, che ha tenuto i figli confinati in una vita dorata ma lontana dai coetanei, che nel ’47, temendo l’arrivo dei comunisti al governo, spedì figlie e governanti a vivere a Montevideo, ma senza di lei, che quando si stabilirono a New York in attesa del passaporto canadese sistemò le figlie al terzo piano di un albergo mentre lei era al sedicesimo, che le permise di vedere il padre sette volte in tutto perché lui era andato a vivere con un’altra. Forse è per tutto ciò che Benedetta Barzini, con i suoi quattro figli, è stata molto presente, anche se ogni tanto urla loro: «Siete dei piccoli borghesi del cazzo».