Almeno 547 bambini e adolescenti del coro di voci bianche del duomo di Ratisbona, in Baviera, fra il 1945 e il 1992 – negli anni in cui a dirigere il coro ci fu anche il fratello del papa emerito Joseph Ratzinger, Georg – avrebbero subito violenze di ogni tipo dai preti e dai loro educatori, molti di loro anche abusi sessuali.

LA DENUNCIA è arrivata dall’avvocato tedesco Ulrich Weber, che dal 2015 sta indagando sullo scandalo che ha investito la diocesi di Ratsibona, un vero e proprio crimine ai danni di minori di cui si parlava già da molti anni, ma non con l’evidenza e soprattutto le dimensioni che sono state rivelate ieri, durante una conferenza stampa in cui l’avvocato ha presentato i risultati della sua inchiesta.

Nel gennaio 2016 Weber aveva parlato «solo» di 231 casi di percosse, privazioni del cibo, abusi e violenze sessuali. Ora il numero è più che raddoppiato: 547 bambini subirono maltrattamenti fisici e psicologici, 67 di loro anche violenze sessuali, da parte di 49 fra preti ed educatori che sarebbero stati identificati ma che difficilmente andranno a processo per via della prescrizione (solo due religiosi sono comparsi in un tribunale penale tedesco: un ex insegnante di religione vicedirettore del liceo, allontanato nel 1958, e un ex direttore del convitto, entrambi morti nel 1984).

I NUMERI potrebbero crescere ancora, fino a far assumere al «caso Ratisbona» una rilevanza pari a quella di altri scandali internazionali di pedofilia ecclesiastica, dagli Usa all’Irlanda.

«Le vittime hanno descritto i loro anni di scuola come una prigione, come l’inferno e come un campo di concentramento. Molti ricordano quegli anni come il periodo peggiore della loro vita, caratterizzato da paura e violenza», usata come «metodo» per ottenere «massimi risultati» e «assoluta disciplina», ha spiegato l’avvocato Weber nel rapporto presentato alla stampa. Un vero e proprio «sistema della paura», fatto di violenze, sottomissione psicologica, incapacità di reagire, omertà e silenzi, che ha avvolto per anni l’ambiente dei Regensburger domspatzen, i «passeri del duomo di Ratisbona», come venivano chiamati i bambini e i ragazzi del coro delle voci bianche. Il rapporto non condanna direttamente come autore delle violenze ma nemmeno assolve mons. Georg Ratzinger, fratello del papa emerito Benedetto XVI, direttore del coro fra il 1964 e il 1994: avrebbe «fatto finta di non vedere» e sarebbe colpevole «di non essere intervenuto, nonostante fosse a conoscenza» di ciò che accadeva.

GEORG RATZINGER, chiamato in causa già diversi anni fa, si è sempre difeso: «Se fossi stato a conoscenza dell’eccesso di violenza utilizzato, avrei fatto qualcosa», dichiarò a un giornale bavarese, ammettendo che una dose «equilibrata di violenza veniva praticata.

Non ne esce bene nemmeno il cardinal Gerhard Müller, vescovo di Ratisbona dal 2002 al 2012 prima di essere chiamato da papa Ratzinger in Vaticano a dirigere la Congregazione per la Dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio), incarico che qualche settimana fa, allo scadere del quinquennio, papa Francesco non gli ha rinnovato (anche per divergenze teologiche: Müller rappresenta una linea conservatrice rispetto alle aperture pastorali di Bergoglio). Pur non essendo coinvolto né direttamente né indirettamente – tutte le violenze sarebbero avvenute prima che Müller assumesse la guida della diocesi -, il rapporto dell’avvocato Weber critica il modo con cui ha gestito la vicenda, dopo le prime denunce: non avrebbe cercato alcun dialogo con le vittime né si sarebbe impegnato a chiarire cosa fosse realmente accaduto nel coro delle voci bianche della cattedrale della sua diocesi.

DIOCESI che poi, andato via Müller, ha parzialmente cominciato ad ammettere i fatti, assicurando un indennizzo massimo di 20mila euro per ciascuna vittima. La prossima settimana, in Australia, si aprirà un nuovo processo per casi di pedofilia ecclesiastica: davanti ai magistrati andrà il cardinale George Pell, attuale capo – «in aspettativa» – del «ministero dell’economia» del Vaticano.