Sui Tg e nelle prime pagine dei grandi giornali, tributate le obbligate lodi a Greta e ai ragazzi per l’ambiente, si riprende ad alimentare e rilanciare lo stesso modello di disastro ecologico e sociale che ha provocato l’attuale crisi sociale, ambientale e climatica. I media italiani continuano a spiegarci che il futuro del Belpaese dipende drammaticamente quanto singolarmente dal “nuovo buco sotto le Alpi”; da realizzare a tutti i costi. Se non si costruisce la nuova linea ad Alta Velocità Torino-Lione – e soprattutto la mega galleria di 57 Km, che è ciò che conta: il resto è già praticamente cancellato come la maggior parte del “corridoio europeo Lisbona-Kiev”, cui il tratto italo-francese apparterrebbe – «il futuro dell’economia italiana sarà disastroso, il nostro paese si staccherà dall’Europa, ci aspetta un domani di miserie e spoliazioni». E chi più ne ha più ne metta.

Spiccano i grandi media nazionali, in un rapporto di relazioni intrecciate e condizionate, tra interessi economico-finanziari, organi di informazione che spesso ne sono legati, e direzioni politiche da essi determinate. Si raccoglie la chiamata di Confindustria e grande finanza e, con le urla sul Tav, si tenta di cancellare non solo i disastri, gli impatti economici ed ambientali delle grandi opere inutili, ma anche i danni e gli sprechi aggiuntivi, dovuti alla presenza di corruzione e mafia, messa in luce da lustri di inchieste giudiziarie. Obliterando, oltre ad analisi e studi scientifici, perfino le conclusioni dell’anticorruzione diretta da Raffaele Cantone. Laddove essa ha individuato nella criminogena Legge Obiettivo, la genesi delle centinaia di cantieri italiani incompiuti, mai finiti o addirittura mai iniziati.

Dal punto di vista politico-istituzionale, sorretto da tale coro mediatico, coerentemente Berlusconi invoca «l’Italia salvata dalla maggioranza pro-Tav, destra e Pd». Che gli stessi pentastellati nei fatti facilitano con incertezze e cedimenti (da suicidio politico) su ambiente e grandi opere, come su altri fondamenti delle loro cultura e programma; perpetuando l’errore strategico della formazione di un simile governo.

Serve invece un nuovo programma politico di relazioni e vicinanza con comitati e movimenti, basato tanto sulla difesa quanto sulla valorizzazione dei contesti territoriali nazionali, intelligentemente coerente con la gestione della crisi ambientale, come si è detto a Roma, nella grande manifestazione del 23 marzo.