«Quando il 31 ottobre 2014 il primo processo si concluse in appello con l’assoluzione di tutti gli imputati, tra cui i medici per insufficienza di prove, sembrava tutto finito. Ma non ci siamo arresi». A parlare è l’avvocato Fabio Anselmo che dieci anni fa – quando Ilaria Cucchi lo chiamò perché la sera prima della morte di suo fratello aveva visto in tv un servizio su Federico Aldrovandi (e nell’ingaggiare lo stesso avvocato, Ilaria ebbe così la sua prima intuizione felice) – era solo il difensore della famiglia di Stefano Cucchi. Oggi, «dopo 14 gradi di giudizio», è anche il compagno di Ilaria. Insieme hanno scritto un libro che è «la storia della violazione dei diritti di un essere umano, una storia che contiene tutte le altre». Questa volta è lei che parla: «Ho tirato fuori un coraggio che non sapevo di avere», perché lo aveva giurato al cadavere di suo fratello, sfigurato dalla violenza subita.

Un libro che racconta in modo certosino «una battaglia di civiltà che ormai appartiene a tutti», con un ritmo serrato da noir ma senza inventare una riga, rimettendo in fila, in ordino cronologico, la verità giudiziaria emersa durante il processo bis. Il coraggio e l’amore, (Ed. Rizzoli, €19, 447 pp.) ha lo scopo, aggiunge Anselmo durante la presentazione che si è svolta ieri a Roma, nello spazio Feltrinelli della galleria Alberto Sordi, davanti a un pubblico folto e partecipe, «di restituire dignità all’uomo». E ad una famiglia che ha dovuto anche subire insulti e una macchina del fango messa in moto parallelamente a quella del depistaggio. E che continua ancora adesso.

«Ho timori non irrazionali che dopo i depistaggi del 2009, del 2015 e dell’anno scorso, qualcuno ci stia ancora provando», riferisce Anselmo. E guarda caso, proprio in questi giorni Ilaria è stata oggetto dell’attacco massiccio di haters su Fb dopo la presentazione del libro a Domenica in. Ma la loro è «una battaglia anche contro un fiume di ignoranza politica e giuridica che si sta ingrossando pericolosamente». Che non capisce cosa davvero voglia dire «tortura», finché non colpisce qualcuno vicino.

Ma se Il coraggio e l’amore descrive questi dieci anni di lotta contro uno Stato che non vuole processare se stesso, fino alla verità emersa negli ultimi mesi, il «prossimo libro che scriveremo con tutte le verità che oggi, a processo aperto, ancora non si possono riferire, si chiamerà L’amicizia e la rabbia», suggerisce il professore Vittorio Fineschi, il consulente medico-legale grazie al quale si è riusciti a dimostrare che Stefano venne picchiato brutalmente dai carabinieri che lo arrestarono, e che morì di quelle lesioni. «La rabbia rimane, perché si sono persi 9 anni», dice Fineschi. Ma il sodalizio che è nato tra loro ha rotto il muro dell’omerà e dell’indifferenza.