La Confederazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre (Cgia) ha rivelato una delle conseguenze della legge di stabilità modello larghe intese: nel 2014 gli italiani pagheranno 1,108 miliardi di euro di tasse in più. Ma la stangata potrebbe essere più dura quando sarà chiaro il meccanismo della Trise, cioè il nuovo tributo sui servizi che sostituirà l’imposta sui rifiuti – la Tares – e quella sulla prima casa, l’Imu. Secondo il governo dovrebbe permettere un risparmio di un miliardo di euro. Così non sarà per la Cgia: la Trise lascia infatti ai comuni la più alta discrezionalità nell’applicazione della norma. Strangolati dai tagli i sindaci inaspriranno il prelievo fiscale sui residenti «con evidenti ripercussioni negative per i bilanci delle famiglie e delle imprese». Il risparmio di un miliardo previsto dall’introduzione della Trise è dunque «difficilmente raggiungibile».

Per il viceministro all’Economia Stefano Fassina (Pd) l’aumento sarà una tantum ed «è dovuto a 2,6 miliardi di maggiori entrate dalle banche», come riportato dalla stessa Cgia. Dal 2015 seguirà una riduzione delle imposte. Ma non tutto è così lineare. Nell’operazione di «rebranding» fiscale condotta dalle larghe intese, la situazione resta fluida. A partire dagli inquilini che temono un aumento delle tasse pari a mille euro all’anno per gli affittuari. Le associazioni dei proprietari parlano di aumenti fino al 72%. Senza contare i commercianti. Nel passaggio dalla Tarsu alla Tari, Confcommercio ha calcolato aumenti del 300% per i bar, del 480% per i ristoranti, del 650% per i fruttivendoli. «Letta mente agli italiani – ha tuonato Beppe Grillo dal suo blog – il 19 ottobre aveva detto di avere abbassato le tasse».

Il miliardo in più di tasse visto dalla Cgia è il risultato dell’impatto economico delle voci fiscali introdotte dal Ddl Stabilità. Da un lato ci sono 6,227 miliardi di euro di nuove imposte a cui bisogna aggiungere 65 milioni di entrate extra tributarie e altri 135 milioni di riduzione dei crediti di imposta. Dall’altro lato, è prevista una riduzione delle tasse e dei contributi di 5,119 miliardi di euro: 1,5 miliardi verranno dal taglio del cuneo fiscale, un miliardo di euro dei premi Inail, oltre al miliardo sulla Trise. Per la Cgia nel 2015 e nel 2016 la situazione potrebbe migliorare se il governo eviterà la riduzione delle agevolazioni fiscali pari a 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016. Per farlo, continua la Cgia, bisogna tagliare la spesa pubblica. Cioè bisogna continuare con le politiche di consolidamento fiscale del debito pubblico attraverso spending review e dismissioni, forse con il piano «Destinazione Italia», eufemismo del marketing governativo che sta per inizio dei tagli epocali imposto dal Fiscal Compact votato in Costituzione.

Il taglio del cuneo fiscale per il lavoro dipendente e le imprese dovrebbe essere di 2,5 miliardi (10 miliardi in 3 anni). A questa cifra, stando alle indiscrezioni delle ultime ore, verranno aggiunti altri 5-700 milioni di euro, richiesti a Letta e Saccomanni per «riequilibrare» la manovra. Ieri anche Cicchitto del Pdl ha cercato di rassicurare negli stessi termini. A parte l’irrilevanza del vantaggio fiscale (7,30 euro al mese per redditi da 11 mila euro annui), queste misure non modificheranno uno dei più visibili aspetti della recessione: il crollo del potere di acquisto delle famiglie. Per il Codacons, tra il 2012 e il 2013 è calato di un altro 6,4% «con danni immensi per imprese e commercio».

Si resta sempre nel quadro delle compatibilità. Il problema è che il taglio della spesa porterà ad un aumento delle tasse. Questo è il paradosso dell’austerità noto a tutti, tranne che al governo e alla sua maggioranza. Il caos fiscale che regna sulla tassazione della casa, definizione della Confedilizia, è un corollario dell’austerità regnante. A parere di molti economisti, questa disciplina funziona nei paesi dove il rapporto tra debito pubblico e Pil è basso, non come in Italia dov’è al 132%. In questo quadro, continuano gli attacchi del Pdl (Capezzone, Bernini, Repetti) ai «nipotini di Visco ben collocati al ministero dell’Economia». Fassina ha sollecitato i colleghi di maggioranza a «evitare polemiche strumentali». Per loro sono «vampiri tassa e spendi». In realtà sono più umani: applicano solo l’austerità.