Né promossa, né bocciata. Il giudizio della Commissione Europea sulla legge di bilancio è stato rinviato a primavera. Bruxelles non chiederà ora correttivi e ha rinviato le decisioni alle nuove previsioni economiche dell’anno prossimo, in attesa di verificare quale manovra uscirà dal percorso parlamentare appena iniziato. Tanto è bastato al presidente del Consiglio Conte per dire ai sindaci dell’Anci riuniti ad Arezzo: «Siamo fiduciosi. Non avremo problemi. Ma il quadro è complesso, non si può fare tutto».

IL CONTE BIS, da una parte, ha incassato così il credito aperto ad agosto quando Salvini ha deciso di affondare il precedente esecutivo e con un colpo di scena spettacolare si è formata la «coalizione Ursula». Dall’altra parte, la Commissione Juncker uscente ha passato le carte a quella entrante Von Der Leyen con Paolo Gentiloni al posto di commissario agli affari economici occupato dal francese Pierre Moscovici. Questo doppio passo politico, desalvinizzazione del governo sempre in una prospettiva neo-liberale e acquisto del tempo per abbozzare una discussione su un annunciato cambio del «patto di stabilità e crescita», è stato spiegato da Moscovici ieri a Bruxelles nel suo ultimo intervento da commissario.

«IL NOSTRO APPROCCIO ha sempre tenuto conto delle condizioni economiche dell’Italia e anche delle condizioni politiche – ha spiegato – Questa Commissione è stata caratterizzata dalla flessibilità di bilancio. È stata una strategia giusta: ha permesso agli Stati membri di portare avanti il proprio adeguamento di bilancio senza essere sanzionati e senza frenare la crescita. Va portata avanti ma forse va fatto di più. È forse arrivato il momento di semplificare le regole del patto rendendolo meno complesso».

SU QUESTO SPARTITO non ancora definito e sul quale sarà necessario un non scontato accordo intergovernativo, dovrebbe agire Gentiloni. Una prospettiva non immediata che si muoverà all’interno della misteriosa endiadi interpretabile a seconda delle circostanze: il patto dev’essere sia stabile che flessibile, flessibilmente stabile e stabilmente flessibile. In concreto, questo significa che la «flessibilità» – cioè l’eccezione alla regola inflessibile della politica della domanda, dell’avanzo primario e della precarizzazione generalizzata – sarà concessa in cambio di investimenti e riforme «strutturali», ma anche di spese ordinarie o eccezionali. Nel 2019 e nel 2020, ad esempio, il governo dovrebbe ottenere 3,6 miliardi di euro extra (0,2% del Pil) perché ha attivato la clausola del patto prevista in casi di eventi eccezionali al di fuori del suo controllo. Parliamo del crollo del Ponte Morandi, di alluvioni e terremoti. In questa cornice è possibile che la proposta di scomputare gli investimenti per il «Green New Deal» dal calcolo sul deficit possa fare una strada prossimamente. Rientra nell’agenda della Commissione Von Der Leyen. Il Conte bis ci ha scommesso. Tuttavia, modalità e prospettive restano da esplorare. Al netto dell’efficacia delle politiche nazionali che dovranno applicarla mantenendosi un’idealistica congruenza tra capitalismo ed ecologia.

NON TUTTO nella politica «flessibile» della Commissione, quella esposta da Moscovici, in realtà ha funzionato. Lo dimostra il giudizio espresso ieri della Commissione sul bilancio previsionale. Se solo un anno fa l’esecutivo gialloverde si faceva bocciare una prima versione della legge di bilancio, negando in un istante i propositi bellicosi che avevano alimentato le sue chiacchiere, a quello attuale giallorosso la Commissione ha ricordato che il debito pubblico oltre il 137% del Pil deve tornare a calare verso il 60% e che l’economia va «riformata» per rimediare alla sua strutturale mancanza di «produttività e competitività». Il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, che succederà a se stesso nel prossimo esecutivo, ha ricordato inoltre che l’Italia rischia «il mancato adempimento perché è lontana dall’impegno strutturale dello 0,6% del Pil». Dombrovskis ha aggiunto che la precedente manovra gialloverde era «espansiva». Quella attuale ritorna nei binari prestabiliti dalla dottrina e ha realizzato «una correzione a somma zero». Resta da capire cosa significhi «manovra espansiva»: quella precedente non lo era in termini di investimenti e conteneva elementi surreali come privatizzazioni da 18 miliardi in un anno. Potrebbe anche darsi che, in quel caso, il giudizio sulla «flessibilità» sia stato influenzato da una congiuntura politica ritenuta non congrua rispetto al perimetro stabilito della legittimità. E questo al netto del giudizio sull’efficacia, e la giustizia, di misure come «quota 100» e il cosiddetto «reddito di cittadinanza» confermati dall’attuale governo.

DA OGGI MOSCOVICI sarà a Roma dove incontrerà Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mostrerà lo stretto sentiero che i governanti percorreranno da equilibristi nella soffocante Europa.