Nelle ultime 24 ore sono state registrate 99 vittime e 451 nuovi casi positivi al coronavirus. Dall’inizio dell’epidemia il conto delle vittime sale a 32.007 e quello dei positivi a 225.886. Era un dato molto atteso, perché dopo 14 giorni (6-7 giorni di incubazione più altrettanti per il test) i dati avrebbero potuto evidenziare un ritorno del contagio. Per ora sembra escluso, ma il bassissimo numero di tamponi realizzati ieri, solo 36 mila rispetto ai 60 mila del giorno precedente (-40%), ha sicuramente «aiutato» il miglioramento. Il monitoraggio dell’epidemia rimane infatti la principale criticità della risposta sanitaria al Covid-19: facciamo un numero di test sufficienti a rilevare tempestivamente nuovi, inevitabili focolai?

Stabilire la preparazione alla fase 2 era l’obiettivo dei 21 indicatori messi a punto del Ministero della salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, che vertevano su tre aspetti principali: il numero di contagiati, l’impatto della malattia sugli ospedali e la capacità delle regioni di individuare nuovi casi. Sebbene i tecnici abbiano esaminato solo i primi due aspetti, quello da valutare in vista della riapertura era soprattutto l’ultimo. Del resto, che il contagio e la pressione sugli ospedali siano calati più o meno ovunque è scontato, dopo due mesi di lockdown. Che le regioni siano attrezzate per testare, curare e tracciare, lo è molto meno. Per fortuna, a farci capire come stanno davvero le cose è arrivato – a aperture già avvenute – l’ultimo rapporto settimanale dell’Iss. Che mostra un quadro piuttosto preoccupante.

Gli indicatori del governo esigono che nella fase 2 ogni regione sia in grado di garantire un tampone entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi (e in una prima bozza il limite era fissato a 3 giorni). Secondo il rapporto, si attende in media 6-7 giorni per avere un tampone. Significa che almeno la metà dei casi vengono diagnosticati in ritardo dispetto alle soglie fissate dai tecnici.

Anche l’individuazione delle catene di contagio è approssimativa: solo per il 14% dei casi diagnosticati nell’ultimo mese si sa se il contagio è avvenuto in famiglia, al lavoro o in una struttura sanitaria. Per il restante 86% le regioni non riportano dove sia avvenuto il contagio, e quindi dove cercare i contatti da isolare. «Una raccolta sistematica dell’informazione sul luogo di esposizione permetterebbe una valutazione più accurata dei contesti in cui sta avvenendo la trasmissione della malattia in questa fase della pandemia, scrive il rapporto.

Inoltre, nella maggior parte dei casi la data di insorgenza dei sintomi non è nota, e si tratta di un problema per il monitoraggio perché è quello il dato su cui si costruiscono i modelli epidemiologici e le previsioni. Senza quel dato, addio monitoraggio.

Le soglie ministeriali richiedono che questa informazione sia disponibile in almeno per almeno il 50% dei casi. Ben 9 regioni, dall’inizio dell’epidemia, risultano al di sotto di questa soglia, anche se quasi tutte sono in miglioramento. Spicca negativamente il Molise, dove la conoscenza dei dati sui sintomi è persino sotto la soglia minima (il 30%) necessaria per calcolare approssimativamente l’indice di trasmissione, un altro indicatore che per la fase 2 dovrebbe essere sotto controllo. Ma le altre regioni del sud, e persino il Veneto, non vanno molto meglio.

I dati poi arrivano tardi, quando arrivano. «Per tenere conto dei ritardi nella notifica dei casi, la stima di Rt é stata calcolata alla data del 26 aprile con i dati disponibili in piattaforma al 12 maggio», scrive il rapporto dell’Istituto. «Dopo il 26 aprile il dato è da considerarsi incompleto». Dunque, la valutazione sulla circolazione del virus usata per la riapertura di ieri in realtà si riferiva ancora al lockdown.

L’impressione è che se gli indicatori fossero stati presi alla lettera molte regioni non sarebbero state promosse alla «fase 2». Del resto, lo ammettono tra le righe i tecnici del ministero: «la disponibilità di dati sul tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento è in aumento e la valutazione di questo indicatore opzionale sarà inclusa nella prossima rilevazione settimanale». Più che promosse, rimandate.