I morti delle ultime 24 ore sono 636, in aumento rispetto ai 525 del giorno precedente. Complessivamente, a causa del COVID-19 sono morte oltre 16 mila persone. Calano invece notevolmente i nuovi contagiati, 3599, cioè 717 meno di domenica. Il totale è arrivato a oltre 132 mila, con un +2,7% rispetto a ieri. Le oscillazioni dei dati a cui siamo ormai abituati suggeriscono tutto e il suo contrario. Meglio guardare i dati in prospettiva settimanale. Si scopre così che nell’ultima settimana si sono contate in media 704 vittime al giorno, contro le 787 della settimana precedente. I nuovi contagi nei primi sette giorni di aprile sono stati  in media 4400 al giorno, mentre erano stati 5400 nell’ultima settimana di marzo.

Che il numero di decessi torni a salire non deve creare sconforto. Piuttosto, il dato anomalo era il numero delle vittime di domenica, insolitamente basso. Ci si aspetta infatti che il numero dei contagi cali prima di quello delle vittime. Chi muore oggi si è verosimilmente ammalato una o due settimane fa, quando l’epidemia era al picco. Nei paesi che hanno superato l’ondata, come la Cina, nella “coda” dell’epidemia ci sono stati giorni in cui il numero di morti ha superato quello dei nuovi infetti a causa di questo sfasamento temporale. È quindi un buon segnale che il numero dei contagi sia calato. Per vedere diminuire sostanzialmente il numero delle vittime purtroppo bisognerà aspettare.

Le terapie intensive iniziano a svuotarsi un po’ in tutta Italia (79 i letti liberati ieri) ma in Lombardia i pazienti gravi ricoverati sono 26 in più del giorno prima, forse grazie alle nuove disponibilità negli ospedali da campo di Bergamo e di Milano. In Lombardia l’emergenza riguarda i rifornimenti di ossigeno per i ricoverati. La Protezione Civile per ora non ha trovato soluzioni. «Abbiamo ricevuto una richiesta dalla Regione Lombardia, ci siamo anche mossi per fare una call al meccanismo europeo di Protezione civile per avere le bombole a disposizione e per acquisirle sul mercato. Al momento si sta valutando tutta una serie di iniziative, c’è un tavolo tecnico al ministero della Salute per ovviare a questa carenza» risponde il capo del dipartimento Angelo Borrelli. Nei dati sui materiali consegnati dalla Protezione Civile finora la voce «bombole» non compare.

Gli Ordini dei medici hanno iniziato a distribuire 620 mila mascherine FFP2 ai loro iscritti, soprattutto medici di base. Sono quelle che aveva promesso il commissario della Protezione Civile Domenico Arcuri, dopo la figuraccia del carico donato dall’ambasciata cinese rispedito al mittente  in quanto materiale inadatto all’uso sanitario. Un altro carico donato dalla Cina è atterrato stamattina. L’impressione è che Arcuri non abbia superato le difficoltà a reperire le mascherine sul mercato e che dipendiamo dalle donazioni, con i rischi del caso sulla qualità dei dispositivi di protezione. Il segretario della Federazione degli Ordini dei medici Filippo Anelli ha ringraziato il ministro Speranza, intervenuto personalmente nella vicenda.

Ma le 89 vittime registrate tra i medici non consentono alcuna allegria: «sono passati più di due mesi dalla data di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, il 31 gennaio» ha detto Anelli. «Eppure, ancora oggi molti medici, in particolare i medici di medicina generale che costituiscono la prima linea nella gestione dei pazienti sul territorio, sono del tutto privi dei più basilari dispositivi di protezione individuale». Anelli ha chiesto il ritiro degli emendamenti «colpo di spugna» al decreto Cura Italia presentati da Partito Democratico e da Forza Italia: secondo i medici proteggono i responsabili della scarsa tutela riservata agli operatori sanitari. Se approvati, gli emendamenti garantiranno infatti la non punibilità di «condotte sanitarie non gravi» nell’ambito gestionale e amministrativo durante l’emergenza.