In Lettonia esiste un’emergenza democratica legata al disconoscimento dei diritti etnico-linguistici, umani e sociali della minoranza russa. È quanto emerge dal rapporto sulla Lettonia di 56 pagine del Consiglio d’Europa – organo che promuove democrazia e diritti umani – reso pubblico ieri e secondo il quale «la società lettone continua a incontrare difficoltà associate alle conseguenze delle divisioni del passato, in particolare tra i principali gruppi nazionali – la maggioranza lettone e la minoranza russa – che esprimono diverse visioni geopolitiche e caratteristiche dell’identità culturale» sottolineando che l’isolamento, imposto dalla maggioranza lettone alla minoranza russa non favorisce «la creazione di dinamiche positive».

LA QUERELLE sull’insegnamento della lingua russa nelle scuole in un paese dove, secondo i dati forniti dal Consiglio, ben il 37% è di etnia russa (con un picco nella capitale del 57%) dura già da molti anni. Malgrado nel 2005 la Lettonia abbia firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali in cui si stabilisce che nelle aree in cui «le persone appartenenti a minoranze dovrebbero avere l’opportunità di apprendere o studiare in quella lingua», il suo governo non si è mai uniformato ai dettami e anzi con la riforma approvata lo scorso marzo si impone che dal 2020 tutte le scuole del paese dovranno passare all’insegnamento solo in lingua lettone con l’eccezione delle materie «lingua russa» e «letteratura russa» o «argomenti storici che riguardino quel paese».

MA IL CONSIGLIO D’EUROPA segnala anche l’esistenza di problemi di diritti umani e sociali legati alla minoranza russa. Ancora oggi in un paese di meno di 2 milioni di abitanti 226mila ex cittadini dell’Urss di origine russa si trovano nella poco piacevole situazione di «non cittadini» e non possono quindi esercitare alcun diritto politico o essere assunti nella pubblica amministrazione, veri e propria paria nel cuore dell’Europa del XXI secolo.

Ma anche i cittadini di origini russa, che secondo il rapporto, per il 90%, parlano lettone, subiscono discriminazioni in ambito scolastico o lavorativo simili a quelle subiti dai cattolici nell’Ulster nel passato.

Ma tutto ciò non sembra preoccupare il governo di Riga. Nelle 29 pagine di risposta al Consiglio d’Europa il gabinetto lettone chiede di «tener conto delle specificità nazionali». Per Riga «Il diritto internazionale non obbliga la Lettonia a concedere automaticamente la cittadinanza a quelle persone e ai loro discendenti che non sono mai stati cittadini della Lettonia e che sono entrati nel paese durante gli anni di occupazione» si afferma in riferimento ai «non cittadini».

NEGATE ANCHE LE ACCUSE di discriminazione linguistica: la riduzione del russo a lingua straniera appena tollerata è giustificata con «la necessità di proteggere e promuovere la crescita dell’importanza della lingua ufficiale ed è collegata al sistema democratico della Lettonia».