Il «botta&risposta» tra l’Sncci (Sindacato critici italiani) e il circuito di multisale The Space, al di là dell’oggetto del contendere, apre una interessante riflessione. Si parla, naturalmente, di Checco Zalone e del suo Sole a catinelle. Nel corso delle Giornate professionali di Sorrento, The Space ha esposto un manifesto in cui ringrazia Zalone, il regista Gennaro Nunziante, la produzione, Medusa ecc per «avere dimostrato che il cinema italiano è vivo, che non sono i critici ma gli spettatori a decretare il successo di un film». A questa inedita «consapevolezza» replica in una nota il Sindacato critici: « … Contrariamente agli impliciti ma evidenti desideri di The Space, è utile ricordare che la critica e gli uffici stampa non sono la stessa cosa e compito dei critici non è quello di promuovere i film, ma di giudicarli … La nuova e arrogante esternazione di The Space, conferma la filosofia di una società che vorrebbe esistesse solo un cinema adatto alle proprie strutture, ignorando che la cultura è anche diversità e varietà di offerta…».
La questione mi sembra un’altra. Siamo davvero sicuri che la «critica» crei ancora opinione? E andando ancora più in là: cosa significa «critica» ai tempi della rete, di internet, di fb su cui tutti sono un po’ «critici»? Sulla maggior parte dei quotidiani italiani, lo spazio della critica è sempre più ridotto, i critici sono sempre meno, e l’abitudine di affidare a questa o a quell’altra firma che so occupa di tutt’altro il commento a un film, trasformato in terreno di esercizio per dire altro (parlare che so? Della crisi di governo o di Berlusconi ) è sempre più diffusa. Nella televisione generalista non esistono programmi specializzati di cinema; solo in rete ci sono ostinati cinefili, e siti molto ben fatti, per i quali il piacere del cinema è ancora prioritario. E a proposito della «diversità d’offerta» – a cui fa riferimento il comunicato dell’Sncci – sono loro che dai festival raccontano tutto. Altrove, quotidiani a grossa diffusione in testa, c’è sempre e solo l’evento, il personaggio, lo scandalo, la polemica, tutto quanto possa insomma essere utilizzato strumentalmente. Mai, o quasi, che si desse rilievo che so tra Cannes e Venezia, ai film delle sezioni cosiddette «parallele» spesso molto belli, esempi di quella «diversità culturale» sopracitata.
Così funzionano le cose è spesso la sconsolata considerazione di chi fa questo mestiere. Già ma allora, se l’informazione deve essere mainstream e mediatica, almeno sui giornali o alla tv, il problema non è Checco Zalone, e nemmeno The Space . Forse è che la critica è diventata ormai qualcos’altro. Cosa che sarebbe bello discuterne insieme.