Il «Coniglio di Giada» (Yutu) è arrivato sulla luna lo scorso due dicembre; pesa circa 120 chilogrammi e va piano: 220 metri all’ora. Ma poco importa. I media cinesi hanno anche riproposto la poesia di Mao, sulla dea della Luna (Chang’e non a caso è il nome delle missioni lunari di Pechino) che allarga le braccia e si deve confrontare con le tigri. Poema ricordato proprio adesso, nei giorni in cui il Dragone assapora la nuova spocchia del Sogno Cinese, di grande potenza al pari degli Usa, o almeno così vorrebbero i cinesi, e in grado di rappresentare l’avanzata di un paese socialista sulla luna, quel luogo che sembra ormai essere di poco interesse per gli States, alle prese con budget sempre più risicati – e contestati dal mondo scientifico – alla Nasa. Sul Guardian, addirittura, si parla di capitalismo contro socialismo internazionale; la pigrizia dell’imperialismo, paragonata alla brillantezza di un paese emergente, per spiegare questa stramba neo supremazia cinese. Astronauti lanciati in orbita, una base spaziale, Tiangong, il Palazzo Celeste, che si dice avveniristica e che comincia a rientrare anche nelle bussole hollywoodiane (basti pensare che nel kolossal Gravity diventa un potenziale luogo di salvezza dei due astronauti a spasso per lo spazio). Il «Coniglio di Giada» (nella foto reuters) quindi propone immagini e rilevamenti per celebrare la Cina, o c’è anche altro? Secondo i più esperti si tratta di qualcosa di ben più rilevante: alla Cina la Terra non basta più. Si tratterebbe quindi di una corsa a quanto più importante nell’odierna gara alla supremazia mondiale: le risorse. Non a caso sul finire degli anni 70 e inizio degli anni 80, quando la guerra fredda si giocava anche a colpi di missioni spaziali, con il corollario dei complotti e dubbi al riguardo, a pochi potevano interessare le famose – oggi – terre rare. Ma oggi, appunto, dominano i tablet, gli smartphone, i computer e il silicio e tante altre altre risorse preziose, costituiscono la nuova frontiera da superare – e accaparrarsi – per essere «primi»; non a caso la guerra delle risorse è quello strato silenzioso e sottocoperta, che guida le principali strategie geopolitche mondiale. Ed ecco che il rinnovato interesse della Cina per la luna ha una sua spiegazione, non solo di immagine, alla quale comunque i cinesi sembrano tenere più di ogni altra cosa. L’Oriente, si diceva, è rosso. Anche in relazione alla luna, oggi più che mai dell’avvenire: la Cina «ha istituito un suo primo punto d’appoggio nello spazio nel 1970, quando un piccolo e primitivo satellite salutò l’inno di Mao Zedong, l’Oriente è rosso».
Dal 1980, la direzione del Partito Comunista ha iniziato a sviluppare piani ben più ambiziosi, anche grazie al lavoro dello scienziato che è considerato il padre di tutta l’ingegneria spaziale cinese, Qian Xuesen e nel 2003, la Cina ha completato un suo primo importante successo: ha inviato il primo astronauta nello spazio. Pechino ha successivamente effettuato altri quattro missioni con equipaggio.
Il programma di esplorazione lunare Chang’e, dal nome di una dea della luna, iniziata nel 2007 e la missione Cheng’e – 2, lanciata nel 2010, ha inviato «le immagini più dettagliate della luna, compresa la zona in cui Chang’e – 3, con il suo Coniglio di Giada, è atterrato a inizio dicembre». La missione Chang’e -3 e l’ormai noto rover lunare, un veicolo a sei ruote ad energia solare simile a quelle che gli Stati Uniti hanno inviato su Marte e che trascorrerà tre mesi per l’esplorazione e la raccolta dei dati. «Una futura missione – scrivono i media cinesi – che avverrà nei prossimi anni sarebbe destinata a riportare dettagli di rocce e altri campioni dalla luna».
Le motivazioni dell’attenzione cinese verso la luna è stata spiegata dal professore Ouyang Ziyuan del Dipartimento per l’esplorazione lunare, alla Bbc in una rara intervista con un media straniero: «In primo luogo, ha spiegato, le missioni servono per sviluppare la nostra tecnologia, perché l’esplorazione lunare richiede svariati tipi di tecnologie, incluse quelle legate alle comunicazioni, ai computer, tutti i tipi di competenze informatiche e l’uso di diversi tipi di materiali».
Questa è la ragione chiave. «In secondo luogo, in termini di scienza, oltre alla Terra abbiamo anche bisogno di conoscere la Luna, la sua origine e la sua evoluzione». Infine ci sarebbe un ambito sempre più importante per la Cina, che sta tentando di procedere alla trasformazione del suo impianto economico, da fabbrica del mondo a società della conoscenza: «c’è infatti la terza spiegazione, di natura intellettuale. La Cina ha bisogno di un proprio team di talenti che sia in grado di esplorare l’intero sistema lunare e solare; questo è il nostro scopo principale». Non a caso da questa considerazione discende quella che secondo molti osservatori è la vera causa di questo slancio lunare cinese: la luna è piena di risorse – principalmente di terre rare, titanio e uranio – «di cui la terra è a corto e non solo: sono anche molto costose».