Dopo l’assemblea congiunta dei parlamentari grillini di giovedì sera, Vito Crimi rimette in fila le proposte. Più che cercare di tenere insieme i pezzi di un M5S diviso, per il reggente si tratta piuttosto di ricostruire gli eventi in modo indolore per gli equilibri di vertice, minimizzando per quanto possibile gli strappi rispetto alle consuetudini del Movimento 5 Stelle. «Stando al nostro statuto – premette Crimi – dovremmo convocare le consultazioni per il nuovo capo politico il prima possibile». Il che fino a poco tempo fa significava votare sulla piattaforma Rousseau. Il fatto nuovo, riconosce Crimi, è che «da più parti si chiede per il Movimento una diversa tipologia di guida, una maggiore collegialità e condivisione delle scelte. È impellente, dunque, la necessità di interrogarci prima su come deve essere definita questa guida, e quali obiettivi debba porsi».

Da qui l’evocazione di un percorso che parte «dalle assemblee territoriali, e prevede l’individuazione dell’agenda, dei temi e delle questioni che devono essere affrontate». In verità, due giorni fa Crimi ha prospettato a deputati e senatori anche la possibilità di votare direttamente un capo politico (o un direttorio) su Rousseau. Ma si è trattato di pura formalità, sapeva che gran parte dei parlamentari chiedeva un’innovazione.

DUNQUE, SI È ARRIVATI alla decisione di proseguire «via mail». Dai vertici hanno fatto sapere che non si tratta di una vera e propria consultazione bensì di una raccolta di documenti e proposte che andrà di pari passo con l’attività di ascolto dei territori e degli eletti ai vari livelli istituzionali. A questo punto, spiega ancora Crimi, «una commissione di dieci persone avrà il compito di effettuare una sintesi, elaborando gli argomenti che dovranno poi essere rimessi al voto degli iscritti, tramite una consultazione che consenta tempi giusti per dibattere dei contenuti, fisicamente oppure online». Questo è un punto di divisione. Alcuni escludono del tutto la possibilità che in nessuno dei passaggi di questo processo si faccia ricorso a Rousseau, altri credono che quantomeno alla fine, a valle del processo di ascolto e discussione generale, si potrebbe utilizzare a mo’ di ratifica. Qui entrano in gioco le scatole cinesi del M5S: al di là delle prese di posizione dei parlamentari, gli iscritti al Movimento e unici titolari a cambiare lo statuto o eleggere organismi dirigenti coincidono con gli iscritti a Rousseau. E anche quando si evocano i «gruppi territoriali» quali soggetti da coinvolgere nel processo di riorganizzazione non si sa bene a cosa ci si riferisca, visto che i MeetUp sono stati chiusi. Ne deriva che l’unica forma di adesione è l’iscrizione alla piattaforma gestita da Davide Casaleggio.

D’altro canto, il problema del M5S in questo momento non è il caos interno. Quello c’è sempre stato, ed è servito a rendere indispensabili i vertici, a fare in modo che non si potesse fare a meno di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio prima e di Luigi Di Maio poi, con il bastone delle espulsioni e la carota della legittimazione ad usare il simbolo. Ciò che fa tremare davvero il M5S è che per la prima volta si intravedono progetti diversi che si misurano. Il nodo è capire se questo confronto diventa scontro, se prevarrà l’automatismo a non accettare divisioni oppure se si troverà il modo di avviare un dibattito interno.

DA QUI, AMMESSO che prevalga la seconda opzione, deriva l’altra incognita: il M5S riuscirà a prendere compiutamente posizione politica una volta che una linea avrà prevalso? Una forza cui lo spontaneismo della base e la gerarchie rigidissime hanno consentito di transitare nel giro di pochi giorni da una posizione all’altra (e da un’alleanza all’altra), e che grazie a questa forma ubiqua nei momenti di gloria elettorale ha potuto prendere i voti di chiunque, può davvero ancorarsi a uno schieramento politico ben preciso?