Oggi la Cassazione si pronuncerà sul riconteggio dell’interdizione dai pubblici uffici per tre anni a carico di Silvio Berlusconi. Nell’improbabile ipotesi di un annullamento della sentenza, il cavaliere avrebbe qualche chance in più di riuscire a candidarsi alle prossime europee. L’impedimento, a quel punto, sarebbe solo la legge Severino. Se invece la Corte renderà definitiva la sentenza anche in merito alle pene accessorie, scatterà l’interdizione vera e propria e la missione diventerà impossibile. Lo spiraglio del ricorso alla Corte europea resterebbe comunque, ma diventerebbe più che mai stretto. Già ieri, infatti, la commissaria europea Viviane Reding ha fatto capire che i giochi sono fatti: «Non entro in merito alle questioni nazionali, ma la normativa europea è molto chiara».
Ieri il condannato ha fatto il punto con i suoi legali, anche se nel frattempo i boatos forzisti continuano a ripetere, e a scrivere sul Mattinale, che il capo sarà in campo. Ma il nodo è politico, non solo giuridico. Quella che Berlusconi sta valutando è l’utilità di una candidatura spesa più per imbastire una fragorosa campagna elettorale tutta centrata sul leit-motiv della persecuzione. Berlusconi, se si deciderà al gran gesto, risponderà a ogni divieto a colpi di ricorsi, sino a chiamare in causa la Consulta. Non gli basterà per diventare deputato europeo, ed evitare così la pena che dovrà scontare a partire dal prossimo 10 aprile. Sarà però sufficiente ad animare una campagna elettorale coi fiocchi. Prima però bisogna essere certi che l’eventuale cancellazione d’ufficio della candidatura non comporti anche l’annullamento della lista. In quel caso il gioco davvero non varrebbe la candela, e sul punto nessuno ha la idee tanto chiare da poter dire a Silvio l’Indeciso una parola definitiva.

In ogni caso non bisogna dare fuoco alle polveri prima del fatidico 10 aprile, perché altrimenti c’è il rischio, almeno nella fantasia del diretto interessato, che il tribunale di sorveglianza incaricato di decidere sulla richiesta di assegnazione ai servizi sociali la prenda male e spedisca il richiedente ai domiciliari o, peggio, in galera. Il rischio del carcere è per la verità quasi inesistente, però sin dal giorno della condanna è precisamente questo l’incubo che tormenta il padre della Patria. Proprio l’intempestività della irrefrenabile Santanchè è il motivo della franca irritazione del gran capo. Non è che la ragazza dica cose sulle quali lui non concorda. E’ che le dice al momento sbagliato, e rischia di combinare guai grossi.

Identico appunto va mosso a carico del loquace Brunetta. Come gli è venuto in mente di tirare fuori proprio adesso la richiesta di ingresso nel governo? Il problema, sia chiaro, c’è. «E’ vero – spiega una dirigente azzurra – che non siamo né carne né pesce, né maggioranza né opposizione, costretti a difendere un governo col quale spesso non siamo d’accordo». Però, «Renzi come fa a fare un governo con noi, se non tiene i suoi nemmeno sull’Italicum?».

Per ora e fino alle europee, quella strada è proibita. Se ne potrà parlare dopo, se le altre forze di maggioranza, Ncd incluso, non passeranno la soglia di sbarramento rivelandosi così inesistenti e se il percorso delle riforme apparirà rallentato proprio da quelle forze politiche presenti in Parlamento ma non nel Paese. A quel punto sì che potrebbe diventare realistica la richiesta di unificare la doppia maggioranza di Renzi per dare vita a un’intesa che sia larga e maggioritaria anche tra i rappresentati e non solo tra i rappresentanti.

Per questo bisogna però muoversi con prudenza e tempismo, ma soprattutto occorre che Fi si piazzi al secondo posto alle europee e non sia sorpassata da Grillo. E così torna in campo la necessità di candidare il capo, legge o non legge. Perché il rischio di finire terzi invece ci sta tutto, e nessuno lo sa meglio di Silvio Berlusconi.