Per un po’ Berlusconi prova a tenere a freno la lingua. «Nessun golpe – afferma – ma una manovra contro di me, quella sì». Però il silenzio generale e noncurante con cui vengono accolte le rivelazioni dell’ex segretario al Tesoro Usa Geithner sull’intrigo europeo contro il suo governo, riconfermate parola per parola ieri, lo tira pazzo «E’ grave che il presidente della Repubblica e quello del consiglio tacciano», sbotta. Ma è solo quando quando, nel tardo pomeriggio, Napolitano si decide a commentare che la furia dell’ex cavaliere tracima. Il presidente fa infatti sapere di non sapere niente. Di tutte quelle manovre «nulla fu mai portato a conoscenza del capo dello Stato». E nulla, specifica re Giorgio, gli fu detto in proposito nemmeno dalla presunta vittima: «Le dimissioni liberamente e responsabilmente rassegnate dal presidente Berlusconi non vennero motivate se non in riferimento a eventi politico-parlamentari italiani».

E’ la goccia che fa traboccare un vaso già colmato dal silenzio di Matteo Renzi e da quello degli ex fratelli oggi nell’Ncd. Per quanto sembri assurdo, almeno una mezza frasetta dal premier il contraente del patto del Nazareno se la aspettava. E sarebbe stata doverosa perché, per quanto severissime siano le critiche nei confronti del governo Berlusconi, l’ipotesi di entrata a gamba tesa nelle faccende italiane da parte degli oligarchi di Bruxelles almeno una richiesta di chiarimento, fosse solo per la forma, la avrebbe meritata. Ma con la campagna elettorale di mezzo, il baby fiorentino riteneva di non potersela permettere.

Così alla fine, Berlusconi il paludato scoppia di brutta: «In questo Paese abbiamo dovuto sopportare quattro colpi di Stato. Siamo disgustati, delusi, esasperati». Quindi si scaglia contro tutti. Renzi? «Il suo governo si basa su 144 deputati incostituzionali». Alfano (che insiste nel non andare oltre un vago «valuteremo la richiesta di commissione d’inchiesta di Fi»)? «Quelli dell’Ncd fanno da stampella alla sinistra dopo essere stati eletti per contrastarla. Immorali!». La sua situazione: «Non sono più un uomo libero. Se attacco i magistrati o il Colle mi mandano a san Vittore».

Sono i ruggiti di un leader pieno di rabbia ma impotente. La tacita decisione di non dare alcuna importanza alle rivelazioni di Geithner è unanime e blindatissima. Per molto meno Alan Friedman aveva strappato titoloni per giorni e giorni. Il fattaccio denunciato dall’americano se non è un trafiletto poco ci manca. Per il governo la faccenda è già stata liquidata come «roba del passato». Gli ex alleati Ncd si riservano di pensarci su. La Commissione Ue lo liquida con un secco «no comment» e chi commenta lo fa per beffarlo, come Barroso. Un complotto europeo? Ma se erano proprio gli americani che volevano sbarazzarsi di lui. La richiesta di commissione d’inchiesta è stata formalmente inoltrata ieri dai gruppi di Fi. Ma proviene da un partito che non ha la forza di imporla e cade nel vuoto.

La sola arma che resta a Berlusconi è la rappresaglia. In privato promette di usarla. In pubblico la lascia trasparire in tutta evidenza. Morte all’Italicum, che oltretutto è ormai una legge per gli azzurri scomodissima: «Avevamo trovato un accordo, ma è stato cambiato unilateralmente in tre punti chiave. Noi non accetteremo mai il doppio turno». Morte alla riforma del bicameralismo: «Elezione diretta del premier e una sola camera ma con metà dei deputati». Faccenda ben diversa dalla riforma abborracciata dal premier, anche se sempre di monocameralismo si tratta perché, almeno ufficialmente, il Senato non si può difendere senza rischiare di perdere voti in quantità e allora meglio cavarsela, come si fa in questi casi, col classico «più uno».

Forse è l’ennesima e vuota dimostrazione di una rabbia frustrata, forse è solo campagna elettorale, ma di certo l’idillio tra il nuovo arrivato del Nazareno e l’eterno inquilino di palazzo Grazioli è morto nelle ultime 48 ore e il patto tra i due è già quasi carta straccia. Il seguito dipenderà solo ed esclusivamente dai rapporti di forza che verranno sanciti dalle urne il 25 maggio.