«Il 15 settembre 2008 è stata la fine del capitalismo così come lo conoscevamo». Stephen, 48 anni, è uno delle migliaia di manager che hanno perso il lavoro nei giorni che hanno segnato la storia recente americana e non. «A quei tempi avevo 38 anni, ero motivato e abbastanza stereotipato – racconta al manifesto – Ero convinto che la mia vita fosse sistemata: guadagnavo svariate migliaia di dollari al mese da un po’ di anni, il mio tenore di vita era quello di uno senza pensieri e mi sentivo in una botte di ferro. Invece ero esposto come chiunque altro.

Cosa è successo da quel giorno in poi?
Io sono stato uno di quei tizi in giacca e cravatta che uscivano in fila dalla Lehman Brothers, sulla Settima Avenue, con in mano lo scatolone con gli effetti personali; la gente ci fotografava, c’erano i network televisivi a riprenderci, mi sentivo un animale da circo e mi dicevo ‘tutto andrà bene’. Vicino a Lb c’è il museo di arte contemporanea Moma, pieno di turisti. Ma l’attrazione quel giorno eravamo noi, noi eravamo l’happening artistico post moderno. Non è andato tutto bene, perché non era solo andata in bancarotta Lb, ma tutto un sistema. A me non è andata nemmeno tanto male: sono figlio di irlandesi che credono nel non consumare tutto: mi ero messo da parte dei soldi e ho resistito per più tempo prima di tornare per un periodo a casa dei miei. Mandavo curriculum ma non si trovava niente. Nei supermercati o nelle catene di grande distribuzione c’erano cartelli che invitavano i manager a non cercare lavoro come commessi altrimenti i commessi che lavoro avrebbero dovuto fare?

In che senso a te è andata meglio che ad altri?
Alcuni non hanno capito che non ci sarebbe stato un ritorno a breve tempo, magari non avevano abbastanza risparmi e dopo tre mesi senza stipendio, continuando a pagare un affitto stratosferico, lo stesso tenore di vita di prima, si sono ritrovati in mezzo a una strada, letteralmente.

Non eri a New York? Non ricordi i senza casa che chiedevano soldi per strada con il cartello con scritto ‘manager di wall street, disoccupato, troppo vecchio per tutto’?
Non tutti erano finti manager, ce n’erano di veri. Passi dall’essere quello che in famiglia ce l’ha fatta, a quello a cui tuo zio Pete deve trovare un posto come contabile.

E come sono cambiate le cose, dopo?
Ho avuto la possibilità di stare con i miei e ho ricominciato da capo nel vero senso del termine: ora mi occupo di progettazione e mantenimento di giardini e spazi verdi. Ho una compagnia con un amico. Molti ex manager sono entrati nel mondo delle start up. Il più famoso è il fondatore di Lyft, la compagnia di car sharing concorrente di Uber, John Zimmer. Io forse per lo choc ho abbracciato l’idea della vita tranquilla.

E politicamente sei cambiato nei confronti del sistema?
Io ero un democratico pigro, non votavo repubblicano più per ragioni di immagine. Continuo a votare democratico: per votare repubblicano devi avere qualcosa che non va se non capisci che quel capitalismo è finito. Ce n’è sempre un altro pronto ma quello del 2008, che ti faceva spendere più di quello che guadagnavi per far girare l’economia, non tornerà più.

Insieme a Stephen c’è Lena, una «occupier». A lei abbiamo chiesto di raccontare l’altra faccia del crollo: la nascita di Occupy Wall Street, il movmento che si è opposto allo strapotere finanziario.
La crisi del 2008 ha portato sia al populismo che ha prodotto Trump, che a far nascere Ows. Era più facile capire la radice del problema.

Si dice che ci fossero ex manager di Lb e brooker di Wall Street tra gli occupier.
A Zuccotti Park arrivavano tutti, anche ex manager bruciati dalla crisi come attuali trader. Il giorno in cui il sindaco di allora, il repubblicano Bloomberg, ci tolse la corrente elettrica per farci andare via, arrivarono quattro tizi in giacca e cravatta con i generatori. Lavoravano a Wall Street. A fine giornata arrivava da noi gente che lavorava per quelli contro cui lottavamo: la bancarotta di Lb non li faceva più sentire al sicuro. Non è che stessero sposando la nostra causa, ma almeno cercavano di capire.

Il 15 settembre 2008 ha segnato la fine di un certo tipo di capitalismo?
Ha segnato la fine del pensiero unico sul capitalismo, come unica via per il benessere e la sicurezza. Ora si sa che quel tipo di capitalismo alla Lb è il contrario della sicurezza. Prima o poi collassa trascinandosi tutti dietro. A mio parere la bancarotta di Lb, seguita da Occupy Wall Street, i nuovi movimenti, Bernie Sanders, hanno portato a una situazione in cui sempre più americani ora vorrebbero sperimentare il socialismo democratico, un’idea non più così estrema.