Settantacinque milioni di euro. Poco più dei quasi 50 che l’ex tesoriere del Partito popolare Bárcenas avrebbe nascosto in Svizzera. La metà dei soldi che sarebbero stati sottratti alle casse andaluse con lo scandalo dei finanziamenti illeciti dei per licenziamenti fantasma, targato Psoe. Una frazione dei 500 milioni che si stanziano ogni anno per la tauromachia o dei 600 che le squadre di calcio spagnole devono all’Agenzia delle entrate. Una cifra neppure paragonabile ai 36 miliardi di euro persi nel salvataggio delle banche fallite.
Insomma, spiccioli. Che il governo di Mariano Rajoy non ha ancora trovato per salvare il Csic, l’equivalente spagnolo del Cnr. Secondo il suo presidente, Emilio Lora-Tamayo, si avvicina «un cataclisma»: la chiusura. Con 15mila impiegati (di cui circa 6000 ricercatori) e più di cento centri sparsi in tutta la penisola, il Csic è «la nave ammiraglia» della ricerca spagnola, con il 20% dell’output scientifico del paese.
Ieri un gruppo di ricercatori ha presentato alla segretaria di stato per la ricerca, Carmen Vela – che non li ha ricevuti – più di 200mila firme raccolte attraverso il portale change.org per chiedere di «salvare il Csic», che risente dei tagli che la crisi prima ha frenato e poi ha fatto precipitare.
Negli ultimi quattro anni – dopo essere più che raddoppiato – l’investimento in ricerca e sviluppo è infatti colato a picco. Dal 2009 – l’anno del massimo investimento in scienza, grazie ad un sforzo senza precedenti del governo socialista – la riduzione è stata del 40%.
Nel 2011, secondo gli ultimi dati ufficiali, si è investito in ricerca solo l’1,33% del Pil e negli ultimi due anni ci sono stati ulteriori riduzioni. E non è solo i tagli economici a preoccupare: quest’anno non sono stati convocati i bandi né per i finanziamenti ordinari né per quelli competitivi, come le prestigiose borse Ramón y Cajal, istituite sul modello delle tenure track anglosassoni: contratti temporali con prospettiva di trasformarsi in posti permanenti. Ormai la maggior parte dei ricercatori Ramón y Cajal arrivati al termine del contratto lasciano il paese perché non viene loro offerto nulla. Basti dire che nel 2008 il Csic convocava quasi 300 posti, mentre quest’anno ne ha convocati solo 13.
Il 2 luglio il presidente del Csic era finito al centro delle polemiche per aver requisito tutti i risparmi dei gruppi di ricerca con la finalità di fare fronte alla crisi di liquidità, soldi che i gruppi di ricerca normalmente usano per contrattare ricercatori o pagare le ricerche in corso. L’ultimo anno in cui il Csic è stato in attivo è stato il 2008, quando il finanziamento toccava il picco di 879 milioni di euro.
Il deficit di quest’anno è intorno ai 100 milioni di euro: solo 25 di questi saranno coperti da un «credito straordinari», anche se la segretaria per la ricerca Vela si è impegnata a stanziarne altri 50 a settembre. Una misura non sufficiente per i ricercatori che, visti i tempi che corrono, chiedono subito i 75 milioni necessari a far quadrare i conti.
Nel frattempo le principali riviste scientifiche internazionali, Science e Nature, segnalano il pericolo della bancarotta della ricerca spagnola. Venerdì un centinaio di direttori hanno scritto alla segretaria per la ricerca una lettera denunciando che senza un intervento governativo a partire da fine luglio «la ricerca verrà gradualmente paralizzata».